Informazione su singoli rischi

La filosofia prevenzionale comunitaria recepita con il D.Lgs. 626 propone una serie di innovazioni concettualmente significative al nostro modo di operare, come la Valutazione dei Rischi, la partecipazione attiva di tutte le parti per migliorare l’ambiente lavorativo e l’informazione/formazione dei lavoratori.

ILLUMINAZIONE

INTRODUZIONE

I luoghi di lavoro devono essere adeguatamente illuminati. A tal fine è opportuno che siano dotati di:
  • una quantità di luce adeguata per una corretta visibilità nell’ambiente di lavoro e, in particolare, per lo specifico compito visivo da svolgere;
  • una distribuzione ed una collocazione adeguata delle fonti (naturali e/o artificiali) di illuminazione, atte ad evidenziare eventuali situazioni di pericolo (ostacoli, spigoli vari, ecc.) e ad evitare fenomeni di abbagliamento;
  • una qualità dell’illuminazione che consenta di distinguere convenientemente i colori.
La carenza di tali requisiti può produrre conseguenze sulla corretta regolazione dell’apparato visivo, con effetti su:
  • per la nitidezza dell’immagine
    • più l’oggetto da osservare è vicino e di ridotte dimensioni, maggiore è lo sforzo che viene richiesto all’apparato visivo per vedere nitidamente; più l’illuminazione dell’oggetto è debole, più la nitidezza è ridotta ed aumenta lo sforzo di accomodamento;
  • per l’adattamento alla quantità della luce
    • gli oggetti riflettono in modo diverso la luce a seconda del loro colore (chiaro o scuro) e della loro superficie (opaca o brillante); i cambiamenti rapidi di direzione dello sguardo e/o la presenza nel campo visivo di zone a luminosità molto differenziata, impongono all’occhio una complessa attività di regolazione: per questa ragione occorre evitare tanto la visione diretta delle sorgenti luminose di notevole intensità, quanto i loro riflessi fastidiosi (dovuti a schermi, cristalli, vernici brillanti, ecc.); i contrasti sono tuttavia utili: un oggetto sarà più o meno facilmente visibile a seconda del contrasto dello stesso al fondo.

EFFETTI SULLA SALUTE
La necessità di effettuare molteplici regolazioni della vista a causa di sfavorevoli condizioni di illuminazione, in rapporto con le operazioni da compiere, può affaticare sensibilmente l’apparato visivo; detto fenomeno che si manifesta agli inizi con irritazione degli occhi, finisce per determinare veri e propri disturbi.
Inoltre, la postura, eventualmente assunta per compensare insufficienti o inidonee condizioni di illuminazione del posto di lavoro, può provocare disturbi a carico dell’apparato muscolo-scheletrico.

I PRINCIPI DELLA PREVENZIONE
Al fine di prevenire i danni alla salute imputabili all’illuminazione, occorre adottare i correttivi che le norme di legge o di buona tecnica prescrivono in relazione alle possibili causali di rischio (tendaggi, corretto posizionamento della postazione di lavoro rispetto alle fonti di illuminazione, adeguamento della intensità,...).

Quanto, infine, alla intensità ed alle caratteristiche della illuminazione, è opportuno che esse vengano adeguate in relazione alle esigenze connesse al tipo di lavorazione/attività espletata.

Contro l’incidenza diretta o riflessa del flusso luminoso, possono essere adottate schermature, tendaggi, veneziane preferibilmente a lamelle orizzontali.

Effetti positivi possono riscontrarsi, inoltre, prevedendo, ove possibile, il corretto posizionamento delle postazioni di lavoro rispetto alle fonti di illuminazione, di cui dovrà curarsi la costante manutenzione e pulizia, soprattutto per le superfici vetrate o illuminanti.

NORMATIVA
D.Lgs n.626 del 19.9.1994 art.33 (che ha sostituito l’art.10 del DPR 303 del 19.3.1956):
Attuazione di direttive CEE sul miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro.
art.33 - [comma 8] Illuminazione naturale ed artificiale dei luoghi di lavoro.

DPR n.547 del 27/4/1955, artt. 28, 29, 30, 31, 32, 175, 225, 304, 307, 308, 332, 341.
Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro
art 28 - Illuminazione generale

art 29 - Illuminazione particolare

art 30 - Deroghe per esigenze tecniche

art 31 - Illuminazione sussidiaria

art 175 - Dispositivi di segnalazione

art 225 Illuminazione dei segnali

artt da 304 a 308 - Impianti di illuminazione elettrica

art 332 - Illuminazione di luoghi pericolosi

art 341 - Illuminazione sussidiaria nelle cabine elettriche


DPR n.303 del 19.3.1956, art.8

Norme generali per l’igiene del lavoro

art. 8 - Locali sotterranei

Commenti

INFOTEL ha detto…
Il D.Lgs 626/94 prevede che venga fornita una formazione specifica, relativa ad argomenti circostanziati, a una serie di soggetti che, a vario titolo, hanno un ruolo nell'assicurare condizioni di salute e sicurezza nell'ambiente di lavoro.



Essi sono:



· tutti i lavoratori (art. 22, 38, 43, 49, 56, 66, 85)

· il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (art. 22, c. 4)

· i lavoratori incaricati dell'attività di Pronto Soccorso, di lotta antincendio e di evacuazione dei lavoratori (art. 22, c. 5)

· il datore di lavoro che intenda svolgere direttamente i compiti propri del Servizio di prevenzione e protezione (SPP) e di prevenzione incendi ed evacuazione (art. 10).



Il decreto non pone l'obbligo di formazione per il responsabile del SPP il quale, così come il medico competente, dovrebbe essere persona già formata sugli argomenti oggetto delle sue funzioni.

Tuttavia la non definizione delle caratteristiche professionali di questa figura rende possibile conferire l'incarico anche a tecnici privi di una specifica preparazione. Verosimilmente questa scelta sarà effettuata soprattutto nelle aziende di medio-piccole dimensioni, in cui la responsabilità del SPP verrà in larga parte attribuita a tecnici già presenti in azienda, ai quali dovrà dunque essere fornita una formazione specifica.

In queste note saranno tratteggiate quindi anche le caratteristiche di questo tipo di formazione, assimilandole a quelle del datore di lavoro che intenda svolgere direttamente i compiti propri del SPP.

L'importanza che la formazione assume nell'ambito del più generale processo di prevenzione delineato dal decreto fa ritenere opportuno proporre alcune considerazioni preliminari prima di presentare indicazioni mirate alle specifiche iniziative formative.

In particolare nella prima parte del documento si è ritenuto opportuno esplicitare i punti di riferimento teorici a cui ci si è richiamati nel delineare i percorsi formativi proposti per le specifiche figure, che costituiscono invece l'oggetto della seconda parte del documento.

Ancora nella prima parte vengono tratteggiate le possibili funzioni che il servizio pubblico nelle sue diverse articolazioni (Regioni, Servizi di prevenzione e vigilanza delle Aziende Usl, ISPESL, Istituto superiore di sanità, Università, ecc.) possono svolgere in campo formativo in questa delicata fase di avvio dell’attuazione del Decreto.

LA PROGETTAZIONE DELLA FORMAZIONE DEGLI ADULTI: RICHIAMI GENERALI





1.1 Formazione - informazione



Il D.Lgs 626 distingue con nettezza gli obblighi di informazione da quelli di formazione. Vale dunque la pena richiamare brevemente la definizione dell'una e dell'altra (da: Devoto G., Oli G.C. Dizionario della lingua italiana, 1971):



Informare: fornire notizie ritenute utili o funzionali.

Formare: fornire, mediante una appropriata disciplina, i requisiti necessari ad una data attività.



Si tratta dunque, nel primo caso, di comunicare conoscenze, nel secondo di predisporre un processo attraverso il quale trasmettere l'uso degli attrezzi del mestiere, o di parte di essi, incidendo nella sfera del sapere, del saper fare e del saper essere, con l'obiettivo di conseguire modalità di comportamento e di lavoro che mettano in pratica le regole ed i principi della sicurezza.

Entrambi sono il frutto di un’attività progettuale, che ha regole precise e simili a grandi linee nei due casi.

Di seguito esse sono brevemente rammentate, in relazione alla progettazione formativa.





1.2 Progettare un intervento di formazione



Le caratteristiche della progettazione del processo formativo sono note a tutti coloro che a vario titolo si sono occupati del tema, né è questa la sede per approfondirle sul piano teorico. Si richiamano dunque brevemente le principali tappe progettuali, per una più comoda lettura dei paragrafi successivi.



La progettazione inizia con un'accurata analisi del problema che si intende affrontare sul piano formativo, per evidenziarne gli aspetti aggredibili da questo tipo di iniziativa. Infatti, come si riprenderà più oltre, non tutti i problemi né tutti gli aspetti di un problema possono essere risolti con questa modalità di approccio. Ovviamente, qualora l'intervento formativo riguardi una singola azienda, è fondamentale la conoscenza approfondita della sua organizzazione.

Quando si tratta di formare figure nuove per un ruolo professionale prima mai svolto, occorrerà effettuare non tanto un'analisi del problema, quanto piuttosto un'analisi delle funzioni connesse al ruolo per coglierne tutti gli aspetti sui quali occorrerà indirizzare l'iniziativa formativa.

Le caratteristiche dei destinatari dell'iniziativa, in termini di conoscenze acquisite, pregresse esperienze, scolarità, motivazioni all'apprendimento costituiscono un altro momento di valutazione. Da questo e dall'analisi del problema o del ruolo deriva l'identificazione dei bisogni formativi che l'iniziativa da progettare deve soddisfare: si tratta cioè di evidenziare l'elenco delle carenze cognitive, comportamentali, pratiche o relazionali che quello specifico gruppo di persone deve colmare attraverso la formazione per essere in grado di affrontare un problema o un ruolo.

Occorre quindi trasformare le competenze mancanti in obiettivi educativi specifici, che devono essere pertinenti alle competenze che il discente deve acquisire, chiari e precisi nella formulazione, completi, realizzabili. Su questi deve essere modellato il programma dell'iniziativa formativa, essendo il raggiungimento degli obiettivi indicati lo scopo di essa.

La esatta definizione degli obiettivi educativi è il passo fondamentale di tutta la progettazione. Essi non possono essere definiti correttamente se le tappe precedenti non sono state affrontate con rigore, né d’altro canto la efficacia dell'iniziativa formativa è valutabile se gli obiettivi non sono esplicitati chiaramente, in modo che ne possa essere misurato il raggiungimento.

La progettazione dettagliata del percorso formativo e la programmazione didattica si concretizzano in:



· articolazione in cicli, moduli, unità didattiche;

· scelta della metodologia didattica in relazione ai destinatari;

· produzione di materiali didattici.



La valutazione di apprendimento è un altro passaggio-chiave della progettazione: ancora scarsamente effettuata, deve essere accuratamente progettata, discendendo come naturale corollario dalla identificazione degli obiettivi educativi.

Tale valutazione è di estrema importanza anche per i formatori ai fini della calibrazione di ulteriori "pacchetti" formativi.





1.3 Quale formazione per gli adulti



Le attività formative rivolte a soggetti adulti dovranno tenere in considerazione e valorizzare l’esperienza umana e professionale di cui essi sono portatori, esperienza su cui sono basate opinioni e, spesso, anche pregiudizi, particolarmente radicati nel profondo.

Ciascuno è depositario di una propria “cultura” della sicurezza e della prevenzione, e fa riferimento a propri modelli interpretativi, che il formatore aiuterà a sostituire, se necessario, con altri più efficaci.

L’apprendimento degli adulti è complesso, in quanto prevede la modificazione di conoscenze, di pratiche, di competenze professionali e di comportamenti; esso è finalizzato ad una prestazione particolare ed implica un coinvolgimento complessivo del soggetto (sia sul piano razionale che emotivo); si esprime come ricerca attiva fondata sull’esperienza; richiede motivazione, che scatta dalla consapevolezza dello scarto tra ciò che il soggetto sa e ciò che sente di dover sapere (che è la differenza tra le competenze richieste dal compito lavorativo e le capacità realmente possedute).

Il modello di apprendimento dell’adulto è dunque caratterizzato da:



Il bisogno di conoscere: il soggetto adulto, quando inizia ad apprendere qualcosa, si preoccupa di esaminare i vantaggi legati all’apprendimento nonché le conseguenze negative del mancato apprendimento.

La centralità dei propri bisogni di conoscenza.

Il ruolo fondamentale dell’esperienza: l’apprendimento più efficace ristruttura e valorizza l’esperienza personale, in quanto stabilisce un confronto critico con nuove situazioni operative.

La disponibilità ad apprendere ciò che ha bisogno di sapere, di saper fare e di saper essere per far fronte efficacemente alle situazioni della vita reale.

La motivazione legata sia a fattori esterni che a fattori interni (soddisfazione, autostima, qualità di vita del lavoro e così via).



I contenuti da sviluppare nel percorso formativo devono essere coerenti con gli obiettivi di apprendimento, mentre questi ultimi vanno riferiti ad una precisa situazione di lavoro.

L’apprendimento è favorito dall’applicazione, alle iniziative formative, di metodi di insegnamento basati sul coinvolgimento dei soggetti e che si avvalgono di tecniche attive (lavoro di gruppo, griglie di valutazione, discussione di casi, simulazioni e così via). Tutte le situazioni in cui i soggetti possono sperimentare ciò che vanno imparando, ma che ancora non sono in grado di dominare, in quel particolare tipo di ambiente protetto che è l’aula, risultano particolarmente efficaci.

In ambito formativo, infine, è fondamentale stimolare l’apprendimento del soggetto entro i piccoli gruppi di lavoro.





1.4 La formazione non sostituisce l'azione



E’ necessario evitare attentamente che le attività formative, piuttosto che integrarsi, finiscano con il sostituire l’azione tecnica e organizzativa.

La formazione, infatti, può colmare lacune di conoscenze e di competenze operative, quando queste siano critiche per l’organizzazione, ma non può né deve essere utilizzata per tentare, in genere senza risultato, di raggiungere obiettivi che invece, prevederebbero un cambiamento tecnologico, impiantistico od organizzativo.

Bisognerà pertanto distinguere, di volta in volta, le aree di competenza e gli obiettivi propri della formazione dalle aree proprie e dagli obiettivi specifici dell’intervento di altra natura.

Per questo è opportuno analizzare i ruoli professionali dei soggetti, per individuare i deficit di competenza che possono essere colmati mediante azioni formative.
INFOTEL ha detto…
RUOLO DEI SERVIZI PUBBLICI NELL’AMBITO DELLA

PROGETTAZIONE E DELL’ATTUAZIONE DI INIZIATIVE

FORMATIVE



2.1 Le Regioni



Il D.Lgs 626/94 assegna alle Regioni, nell’accezione più complessiva che comprende non soltanto i Dipartimenti di sanità ma anche, ad esempio, quelli delle politiche economiche e del lavoro, nonché della formazione professionale, compiti diretti ancorché genericamente definiti. Il D.Lgs all’art. 22, si limita infatti ad affermare che le Regioni, accanto a molti altri soggetti istituzionali di natura sia centrale che periferica, “...svolgono attività di informazione, consulenza e assistenza in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro...”.

I contenuti di questa attività saranno ovviamente da definire, attraverso accordi, con le diverse parti sociali.

Il ruolo, benché generico, appare comunque ampio e le Regioni dovranno articolarlo attraverso una chiara individuazione delle priorità strategiche emergenti in campo formativo, così da svolgere funzioni di orientamento e di controllo sull’applicazione del decreto.

Più in dettaglio, le funzioni che le Regioni potrebbero attivamente svolgere, attraverso una vasta iniziativa politica e culturale in merito, dovrebbero essere le seguenti:



a) orientamento: attraverso la produzione di documenti interpretativi, la definizione di linee-guida, la promozione di iniziative di discussione e approfondimento;



b) coordinamento: soprattutto delle attività di formazione che vedono coinvolte le Aziende Usl, per evitare il pullulare di esperienze improvvisate e frammentarie, la duplicazione di progetti e materiali didattici;



c) accreditamento: attraverso l’individuazione di criteri e standard di qualità sulla base dei quali giungere alla definizione di una sorta di “marchio di qualità” regionale e/o nazionale da attribuire ai diversi percorsi formativi messi autonomamente in atto dai diversi soggetti istituzionali e sociali che agiscono sulla scena della formazione per la prevenzione;



d) finanziamento: totale o parziale, di iniziative formative ritenute prioritarie e strategiche. Il finanziamento, se vincolato al rispetto di criteri e standard precisi di qualità e perciò prioritariamente destinato a progetti accreditati, è un utile mezzo per un efficace svolgimento della funzione di orientamento;



e) progettazione: di percorsi formativi che possono costituire un modello per iniziative di altri;



f) produzione di pacchetti e materiali didattici: di supporto ai progetti formativi di cui sopra, o da gestire in proprio, nel caso previsto al punto successivo;



g) organizzazione diretta di iniziative formative: innanzi tutto per gli operatori delle Aziende Usl, eventualmente anche per altri soggetti in situazioni particolari.
INFOTEL ha detto…
I Servizi di prevenzione e vigilanza delle Aziende Usl



In molte realtà si è sviluppata nei Servizi pubblici di prevenzione una specifica competenza ed una esperienza ampia di programmazione e gestione di attività formative.

Questa attività si è svolta nei confronti di vari soggetti: dirigenti di azienda, tecnici, consigli di fabbrica, preposti, lavoratori ed ha visto il coinvolgimento, sul piano organizzativo, degli organismi rappresentativi delle varie parti e di agenzie formative private e pubbliche.

E’ quindi opportuno che questa competenza, laddove esiste, venga messa a disposizione delle parti sociali per il migliore espletamento degli obblighi previsti dal decreto, configurando così sul tema della formazione una concretizzazione della funzione di assistenza (art. 24) così come indicato nel documento della Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province Autonome del febbraio 1995.

Preme richiamare dal medesimo documento un enunciato di carattere generale: "E’ quindi necessario muoversi nella logica di offrire alle imprese e alle loro associazioni, l’opportunità di una collaborazione possibile ad ogni livello...".

Ed inoltre appare opportuno auspicare che da parte dei soggetti titolari degli obblighi di legge si tenga nel debito conto l'esistenza di tale disponibilità e di una competenza che, pur non essendo patrimonio esclusivo dei servizi pubblici, assume in quest'ultimo caso particolari connotati in termini di autorevolezza e di garanzia.

Il possibile ambito di attuazione dell'intervento può essere delineato in forme diverse:



1) Istituzione nei Dipartimenti di Prevenzione di pool di formatori esperti sui vari temi del decreto, che possano intervenire in iniziative formative altrove programmate.



2) Verifica di qualità di progetti ed attività formative, soprattutto di quelle prive dell'accreditamento regionale su richiesta e/o nell'ambito di specifiche forme di collaborazione.



3) Collaborazione alla stesura di progetti formativi.



4) Produzione di materiali a supporto di iniziative formative.



5) Predisposizione ed offerta di pacchetti formativi.



Le ultime tre attività indicate sono sovrapponibili a quelle che, in ambito più vasto e con interlocutori di esso rappresentativi, sono state precedentemente segnalate tra le funzioni della Regione. Si tratta, appunto, di una questione di ambiti geografici: a livello periferico è possibile una collaborazione più capillare ad iniziative di carattere locale, mentre a livello regionale l’intervento diretto è ipotizzabile solo per limitate situazioni ritenute particolarmente significative. Il coordinamento della Regione, a cui prima si accennava, deve poi garantire il buon livello delle iniziative locali che vedono la partecipazione delle Aziende Usl nonché un’ampia circolazione di progetti e materiali didattici localmente prodotti, per ottimizzare le esperienze formative e minimizzare gli sprechi.



In relazione al tipo di impegno da profondere nelle varie iniziative locali, è da definire un diverso livello di interesse/priorità per quanto attiene alle figure da formare:



a) addetti alla sicurezza dei servizi aziendali

b) datori di lavoro che svolgano direttamente i compiti del Servizio di prevenzione e protezione dai rischi

c) rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza

d) lavoratori addetti a compiti speciali

e) lavoratori in genere.



Si ritiene opportuno delineare un possibile impegno più diretto sulla formazione delle figure con maggior valenza di criticità (a, b, c), mentre per quanto attiene ai punti d) ed e), in considerazione della elevatissima numerosità delle figure interessate e per l’estrema differenziazione delle problematiche specifiche, pare più opportuno prefigurare un coinvolgimento dei Servizi su aspetti più generali come la realizzazione di pacchetti formativi standard o il coinvolgimento diretto in iniziative pilota e/o sperimentali nell'ambito per esempio di interventi di comparto.