Uso di attrezzature munite di videoterminali

Una delle caratteristiche più evidenti delle trasformazioni avvenute nel mondo del lavoro nell’ultimo ventennio è senza dubbio costituita dalla enorme diffusione che i processi di informatizzazione hanno avuto sia nell’industria che nel terziario.

Tali processi, se da un lato hanno rappresentato un’evoluzione tecnica che ha permesso il conseguimento di miglioramenti anche sostanziali sotto il profilo produttivo e gestionale, dall’altro lato hanno imposto mutamenti così radicali e rapidi rispetto al modo tradizionale di lavorare da non consentire agli operatori di poter comprendere e conseguentemente adeguare le proprie conoscenze ed abitudini alle esigenze del nuovo modello organizzativo.

Inoltre, mentre i processi di informatizzazione delle procedure e tecniche di lavorazione richiedevano un grande sforzo di adattamento con notevole impegno sul piano professionale oltre che umano per i lavoratori coinvolti, non congrui né soddisfacenti sono stati gli interventi di riprogettazione per i conseguenti ed indispensabili adeguamenti strutturali dell’ambiente in generale e del posto di lavoro in particolare.

Ciò è verosimilmente la principale causa del disagio psichico e somatico denunciato da questi operatori sin dai primi anni ‘80 e che la letteratura scientifica internazionale ampiamente descrive.

Poiché tuttavia vi è stata una certa confusione sugli effetti di salute connessi al lavoro con unità video appare in questa sede opportuno puntualizzare quelle che sono, allo stato attuale, le relative certezze acquisite al proposito dalla letteratura internazionale.

Estremamente utile allo scopo risulta un editoriale curato da U. Bergqvist e comparso sul British Journal of Industrial Medicine (n. 46; pag. 217-221, 1989) con il quale si sintetizzava il rapporto di un gruppo di lavoro promosso dall’Oms sull'argomento.

In quell'editoriale, cui si rimanda per i dettagli, vengono evidenziati alcuni principali concetti.

a) Il lavoro con unità video può comportare effetti sulla salute in relazione alla durata dell'esposizione, alle caratteristiche del lavoro svolto, alle caratteristiche dell'hardware e del software, alle caratteristiche del posto di lavoro e dell'ambiente. "L'esposizione" pertanto va valutata con riferimento a tali elementi.

b) Effetti di salute legati al lavoro con unità video sono dimostrabili per quanto concerne i disturbi oculo - visivi (astenopia), i disturbi muscolo scheletrici e, in minore misura, le reazioni da stress e i disturbi cutanei. Sono da escludere associazioni con patologie oculo - visive e gli effetti sulla gravidanza.

La Tabella 1, tradotta dal lavoro citato, riassume i concetti ora espressi.

Su di un altro versante va rilevato che attualmente le apparecchiature informatizzate, pur con "hardware" e "software" molto differenziati tendono ad essere utilizzate praticamente in tutti i settori lavorativi.

Da stime di mercato effettuate nel 1994 emerge che il "parco sistemi" (che include i grandi sistemi, i mini sistemi, le workstation ed i personal computer) installato e funzionante era in Italia di circa 4.500.000 unità, di cui approssimativamente 4.100.000 di personal computer (1).

Se è vero che molti PC prevedono una utilizzazione solo domestica, è anche vero che per quelli usati presso i luoghi di lavoro vi è un rapporto almeno di 2-3 ad 1 tra numero di utilizzatori professionali e numero di personal computer installati.

Un ulteriore dato di stima proviene dalla Gran Bretagna: in quel paese è stato valutato che nel '91 erano 6.750.000 i posti di lavoro attrezzati con unità video "coperti" dalla direttiva CEE 270/90 (secondo le definizioni e il campo di applicazione ivi adottate).

Poiché la Gran Bretagna ha una composizione di popolazione produttiva, sia pure grossolanamente, assimilabile a quella italiana si può utilizzare anche tale dato per dimensionare la diffusione dei posti di lavoro con unità video. Tenendo conto in modo combinato di questi elementi si può ritenere che siano in Italia non meno di 5 milioni (ma forse la stima è per difetto) i posti di lavoro attrezzati con unità video e certamente di più i lavoratori che utilizzano tale apparecchiatura, per tempi più o meno prolungati, quale ausilio allo svolgimento dei compiti professionali.

Commenti

INFOTEL ha detto…
La sorveglianza sanitaria è richiesta per legge per i lavoratori così come definiti dall'art. 51.

Ciò è stato ribadito dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee, che, con sentenza 12/12/96 ha dichiarato che all’esame degli occhi e della vista previsto dall’art. 9, comma 1, della direttiva 90/270/CEE debbano essere sottoposti tutti i “lavoratori” che rientrano nel campo di applicazione della direttiva.



Poichè, tuttavia, tale scelta non è supportata dalla letteratura nazionale ed internazionale (si veda a questo proposito il capitolo relativo alla sorveglianza sanitaria) appare opportuno consigliare al datore di lavoro che la sorveglianza sanitaria, pur in assenza di specifici obblighi, comprenda i lavoratori abitualmente addetti all'uso di VDT per più di quattro ore al giorno mediamente.

Per quanto riguarda le finalità e il contenuto della sorveglianza sanitaria si rimanda all’apposito paragrafo.

ln questa sede si vogliono, inoltre, puntualizzare alcuni aspetti relativi al giudizio di idoneità lavorativa specifica.

Il comma 1, nell’indicare il contenuto della visita medica, si riferisce a non meglio precisate “malformazioni strutturali”. Riteniamo che con questo termine debbano intendersi gravissime malformazioni strutturali e funzionali condizionanti una rilevante compromissione della capacità lavorativa specifica quali ad esempio quelle determinanti una grave ipovisione (es. gravi retinopatie, cheratocono in fase avanzata) o l’impossibilità dell'uso delle mani (es. plegia degli arti superiori) per attività di digitazione.

Va peraltro ribadito che, tranne casi particolari, non esiste un'incompatibilità assoluta tra lavoro con VDT e le più comuni patologie oftalmologiche e muscoloscheletriche osservabili nella popolazione in età lavorativa.

Il comma 2 prevede che i risultati degli accertamenti sanitari possano dar luogo a giudizi di inidoneità o di idoneità anche con prescrizioni. Riteniamo che il termine prescrizione sia comprensivo dei seguenti elementi:



· limitazione del tempo di impegno complessivo al VDT

· alternanza di impegno al VDT con interruzioni di durata e frequenza diverse da quelle previste per la popolazione lavorativa generale

· prescrizione di ulteriori controlli sanitari e della relativa periodicità anche per la verifica dei trattamenti terapeutici

· correzione ottica

· esercizi ortottici in caso di deficit della motilità oculare

· terapie oftalmologiche.



Tale definizione di "prescrizione" non significa sempre ed obbligatoriamente l'introduzione dell'obbligo di accertamento biennale di cui al comma 3 del presente articolo: l’indicazione, ad esempio, di terapie oftalmologiche non deve necessariamente associarsi a controlli successivi secondo la periodicità prevista dalla legge.

Per quanto riguarda i dispositivi speciali di correzione, la cui fornitura è a carico del datore di lavoro (comma 5), questi dovranno essere individuati solamente in quei dispositivi necessari per una adeguata e confortevole visione richiesta dal compito specifico.

Per quel che riguarda la periodicità degli accertamenti sanitari nonchè il giudizio di inidoneità si vedano i criteri orientativi delineati nel successivo paragrafo 5.3 sulla sorveglianza sanitaria.
INFOTEL ha detto…
Definizioni



La lettera c del comma 1 definisce il lavoratore soggetto a questo decreto come colui che «utilizza una attrezzatura munita di videoterminale in modo sistematico ed abituale, per almeno quattro ore consecutive giornaliere, dedotte le pause di cui all’art. 54 per tutta la settimana lavorativa». Pertanto, quattro ore spezzate, ad esempio, dall’intervallo per la mensa, non sono da considerarsi consecutive.

Questa definizione sembra escludere la stragrande maggioranza dei lavoratori dall’applicazione delle norme contenute nel titolo VI.

D’altronde, la sentenza del 12/12/96 della Corte di Giustizia delle Comunità Europee, vista su questo argomento una domanda della Pretura di Torino, afferma che, essendo di carattere vago l’espressione della direttiva 90/270/CEE con la quale si definisce il “lavoratore” (colui che utilizzi regolarmente, durante un periodo significativo del suo lavoro normale un’attrezzatura munita di videoterminale), occorre riconoscere agli Stati membri, nell’adozione dei provvedimenti di trasposizione, un ampio potere discrezionale. Di conseguenza la Corte non si è pronunciata sulla definizione di “lavoratore” data dal Legislatore italiano.

Ma nello specifico ci sembra che, in concreto, le effettive limitazioni dell’applicazione di questo titolo riguardino soprattutto la definizione delle pause, la sorveglianza sanitaria e gli specifici obblighi di formazione.

Su un altro versante le caratteristiche dell’ambiente e del posto di lavoro vengono delineate nello stesso titolo VI prescindendo dalla definizione di lavoratore. Ci sembra, pertanto, che le misure di prevenzione, con particolare riferimento ai requisiti minimi riportati nell'allegato VII, laddove concretamente o tecnicamente attuabili, debbano essere applicate a prescindere dai tempi di lavoro cui sono soggetti i lavoratori. E’ questo un principio presente in tutta la normativa italiana che verrebbe scardinato nel caso di un’interpretazione più limitativa circa l’applicabilità del presente titolo. Questa interpretazione, meno restrittiva di quella contenuta nella circolare ministeriale 102/95, è a nostro avviso supportata dal D.Lgs 626/94, art. 3, comma 1, punto f) che prevede il sistematico rispetto dei principi ergonomici.

Del resto a precindere dal titolo VI il datore di lavoro è comunque tenuto, sulla base del Titolo I a valutare i rischi presenti nella propria impresa e ad attuare le misure di prevenzione al più alto livello possibile. Ricordiamo che tra le misure generali di tutela l’art. 3 alla lettera f) prevede “il rispetto dei principi ergonomici nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, anche per attenuare il lavoro monotono e quello ripetitivo”. La progettazione dei posti di lavoro informatizzati dovrà, quindi, rispondere a tali principi anche se, secondo le interpretazioni più restrittive, non sarà dovuta da parte del datore di lavoro l'applicazione dello specifico allegato VII del Titolo VI.

Ed anche il Titolo II, che contiene norme specifiche relative ai luoghi di lavoro, si applica a tutti gli ambienti, compresi quelli dotati di VDT. In particolare si ricorda il contenuto dell'art. 33 soprattutto per quanto riguarda l'illuminazione e il microclima.

Occorre, inoltre, ricordare che il Titolo III, all'art. 35, comma 1, stabilisce che "il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori attrezzature adeguate al lavoro da svolgere ovvero adattate a tali scopi e idonee ai fini della sicurezza e della salute". Anche questo titolo si applica a tutte le attrezzature a prescindere dal tempo di utilizzo.

A maggior conforto di queste interpretazioni è intervenuta la Corte di Giustizia delle Comunità Europee che, con sentenza 12/12/96 dichiara che: “…gli artt. 4 e 5 della direttiva 90/270 devono essere interpretati nel senso che l’obbligo da essi sancito è applicabile a tutti i posti di lavoro come definiti dall’art. 2 lett. b), anche se essi non sono occupati da lavoratori ai sensi dell’art. 2 lett. c), e che i posti di lavoro devono essere adeguati a tutte le prescrizioni minime contenute nell’allegato…”.

Certamente limitata agli addetti per almeno 4 ore consecutive giornaliere è l’applicazione delle pause (art. 54), così come la sorveglianza sanitaria di cui al successivo art. 55 nonchè l’informazione e formazione di cui all’art. 56.

Per quanto riguarda quest’ultimo punto ricordiamo che valgono comunque gli obblighi generali previsti dagli artt. 21 e 22 del Titolo I.
INFOTEL ha detto…
La definizione delle interruzioni deve essere stabilita per contratto (di categoria o aziendale). Diversi contratti di lavoro (es. Credito e Assicurazioni, Pubblico impiego) hanno in questi anni già definito questo aspetto anticipando il recepimento della Direttiva CEE.

Qualora ciò non avvenisse, viene comunque garantita (comma 3) una pausa per un minimo di 15 minuti ogni 2 ore ai lavoratori quando svolgono la loro attività per almeno 4 ore consecutive (comma 1).

L’interruzione deve garantire in particolare un effettivo riposo dell’apparato visivo, delle strutture muscolari e tendinee degli arti superiori impegnate in movimenti ripetitivi e un cambiamento posturale che consenta di modificare la postura assisa. Non necessariamente l’interruzione coinciderà con un non lavoro; essa potrà essere anche una “pausa attiva”, comportante, cioè, lo svolgimento di un altro tipo di operazione purchè questa non comporti un impegno in visione ravvicinata continua, movimenti ripetitivi degli arti superiori o una postura assisa uguale a quella mantenuta durante il lavoro a VDT.

Per alcuni soggetti con particolari problemi di carattere sanitario (es. soggetti con deficit della motilità oculare) il medico competente potrà stabilire frequenza e durata differente delle interruzioni.

Al di là di quanto specificamente definito da questo articolo è opportuno ricordare che un lavoro continuativo al VDT senza adeguate interruzioni, oltre a favorire affaticamento visivo e disturbi all’apparato osteomioarticolare, comporta una diminuzione delle performances con conseguente aumento degli errori nell’esecuzione dei compiti.
INFOTEL ha detto…
Art. 55 - Sorveglianza sanitaria



La sorveglianza sanitaria è richiesta per legge per i lavoratori così come definiti dall'art. 51.

Ciò è stato ribadito dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee, che, con sentenza 12/12/96 ha dichiarato che all’esame degli occhi e della vista previsto dall’art. 9, comma 1, della direttiva 90/270/CEE debbano essere sottoposti tutti i “lavoratori” che rientrano nel campo di applicazione della direttiva.



Poichè, tuttavia, tale scelta non è supportata dalla letteratura nazionale ed internazionale (si veda a questo proposito il capitolo relativo alla sorveglianza sanitaria) appare opportuno consigliare al datore di lavoro che la sorveglianza sanitaria, pur in assenza di specifici obblighi, comprenda i lavoratori abitualmente addetti all'uso di VDT per più di quattro ore al giorno mediamente.

Per quanto riguarda le finalità e il contenuto della sorveglianza sanitaria si rimanda all’apposito paragrafo.

ln questa sede si vogliono, inoltre, puntualizzare alcuni aspetti relativi al giudizio di idoneità lavorativa specifica.

Il comma 1, nell’indicare il contenuto della visita medica, si riferisce a non meglio precisate “malformazioni strutturali”. Riteniamo che con questo termine debbano intendersi gravissime malformazioni strutturali e funzionali condizionanti una rilevante compromissione della capacità lavorativa specifica quali ad esempio quelle determinanti una grave ipovisione (es. gravi retinopatie, cheratocono in fase avanzata) o l’impossibilità dell'uso delle mani (es. plegia degli arti superiori) per attività di digitazione.

Va peraltro ribadito che, tranne casi particolari, non esiste un'incompatibilità assoluta tra lavoro con VDT e le più comuni patologie oftalmologiche e muscoloscheletriche osservabili nella popolazione in età lavorativa.

Il comma 2 prevede che i risultati degli accertamenti sanitari possano dar luogo a giudizi di inidoneità o di idoneità anche con prescrizioni. Riteniamo che il termine prescrizione sia comprensivo dei seguenti elementi:



· limitazione del tempo di impegno complessivo al VDT

· alternanza di impegno al VDT con interruzioni di durata e frequenza diverse da quelle previste per la popolazione lavorativa generale

· prescrizione di ulteriori controlli sanitari e della relativa periodicità anche per la verifica dei trattamenti terapeutici

· correzione ottica

· esercizi ortottici in caso di deficit della motilità oculare

· terapie oftalmologiche.



Tale definizione di "prescrizione" non significa sempre ed obbligatoriamente l'introduzione dell'obbligo di accertamento biennale di cui al comma 3 del presente articolo: l’indicazione, ad esempio, di terapie oftalmologiche non deve necessariamente associarsi a controlli successivi secondo la periodicità prevista dalla legge.

Per quanto riguarda i dispositivi speciali di correzione, la cui fornitura è a carico del datore di lavoro (comma 5), questi dovranno essere individuati solamente in quei dispositivi necessari per una adeguata e confortevole visione richiesta dal compito specifico.

Per quel che riguarda la periodicità degli accertamenti sanitari nonchè il giudizio di inidoneità si vedano i criteri orientativi delineati nel successivo paragrafo 5.3 sulla sorveglianza sanitaria.




Art. 56 - Informazione e formazione



Questo articolo individua il contenuto specifico dell’informazione e della formazione che occorre fornire ai lavoratori addetti al VDT per almeno 4 ore consecutive giornaliere per tutta la settimana lavorativa, secondo la definizione di cui all’art. 51.

Per tutti gli altri lavoratori si applicano le norme del Titolo I che all’art. 21 prevede l’obbligo del datore di lavoro di informare i lavoratori sui rischi per la salute connessi all’attività dell’impresa e sulle misure di prevenzione e protezione adottate e all’art. 22 indica l’obbligo del datore di lavoro, dei dirigenti e dei preposti di formare adeguatamente i lavoratori in materia di sicurezza e di salute con particolare riferimento al loro posto di lavoro e alle loro mansioni.



Art. 58 - Adeguamento delle norme



A decorrere dal 1° gennaio 1997 tutti i posti di lavoro ai VDT, siano essi preesistenti o di nuova attivazione, dovranno essere adeguati alle prescrizioni dell’allegato VII. A questo scopo potrà essere utile fornire le indicazioni di buona tecnica cui far riferimento per una corretta progettazione di ambienti e posti di lavoro con VDT. Si veda a questo proposito quanto argomentato nel cap. 3 in particolare per quanto riguarda l'utilizzo dei riferimenti normativi e scientifici.
INFOTEL ha detto…
Il primo livello di analisi



Il primo livello di analisi semplificata va rivolto a tutti i posti di lavoro attrezzati con VDT utilizzati abitualmente.

Tale analisi è per lo più destinata a verificare l’adeguatezza (conformità) dei posti e degli ambienti di lavoro ai requisiti minimi riportati nell’allegato VII.

La sussistenza di tale conformità è infatti ritenuta un prerequisito essenziale per il contenimento dei diversi fattori di disagio e di rischio per la salute ed il benessere degli operatori.

Il primo livello di analisi semplificata può essere operato dagli addetti del Servizio di prevenzione e protezione tramite il ricorso ad apposite check-list che prevedono peraltro l’uso assai circoscritto di misurazioni e sono prevalentemente orientate all’esame di variabili qualitative.

Tali check-list vanno applicate per ciascun ambiente di lavoro (locale) e, all’interno di questo, per ciascun posto di lavoro; in situazioni favorevoli (es. in presenza di attrezzature ed arredi standard) è possibile il loro uso per serie omogenee di posti di lavoro.

Gli oggetti dell’attenzione e i contenuti di tali check-list dovrebbero essere almeno i seguenti:



a) aspetti ambientali riferiti al locale: identificazione; n. di occupanti; disegno in pianta con collocazione dei posti di lavoro, delle fonti di luce naturale ed artificiale, delle fonti di condizionamento/riscaldamento dell’aria; caratteristiche del sistema di riscaldamento/condizionamento; caratteristiche delle luci artificiali (tipo, schermatura, modularità); caratteristiche di riflessione e colore delle pareti; presenza di possibili fonti di rumore.

In prima istanza possono essere eventualmente raccolti semplici dati ambientali quali temperatura e umidità dell’aria (estiva ed invernale) in centro ambiente, livello di rumore (in dBa) in centro ambiente.



b) Aspetti strutturali di ogni singolo posto di lavoro presente nel locale:



· identificazione del posto; operatore/i addetti; attrezzature informatiche presenti (tipologie e caratteristiche)

· aspetti di illuminazione: posizione del monitor rispetto alle finestre e alle fonti di illuminazione artificiale, schermatura delle finestre, caratteristiche di riflessione del piano di lavoro, livello di illuminamento (min e max in lux) sui singoli piani di lavoro, percezione di flicker

· monitor: regolabilità di luminosità e contrasto; regolabilità spaziale; distanza media occhi-monitor

· tavolo: caratteristiche dimensionali e di regolabilità (altezza da terra, larghezza, profondità, spazio per arti inferiori)

· tastiera: caratteristiche intrinseche, possibilità di spazio antistante per supporto arti superiori

· sedile: stabilità, regolabilità (del piano e dello schienale), altezza dello schienale, caratteristiche di imbottitura e rivestimento

· accessori: presenza (o necessità di presenza) di leggio portadocumenti, sostegno separato per monitor, poggiapiedi, lampada da tavolo.



c) Caratteristiche del lavoro svolto presso il posto con VDT.

I relativi aspetti vanno raccolti per ogni operatore presente, eventualmente mediante intervista allo stesso:



- orario di lavoro

- ore di lavoro giornaliere con VDT (e loro distribuzione temporale)

- presenza di andamenti incostanti (nella settimana, nel mese) di lavoro con VDT

- tipo di lavoro (caricamento, acquisizione, word processing, dialogo, programmazione, CAD-CAM)

- tempi di uso tastiera, mouse o altri sistemi di interfaccia

- presenza di compiti complementari con impegno visivo ravvicinato.



d) Giudizi soggettivi dei lavoratori circa l’ambiente, il posto e il contenuto del lavoro.

Vanno raccolti, per intervista, per ogni operatore presente.

I giudizi possono riguardare diversi aspetti o variabili ma sono particolarmente importanti quelli relativi a:



- qualità dell’aria

- qualità delle condizioni climatiche

- qualità dell’illuminazione (presenza di riflessi, sfarfallamento, ecc.)

- qualità dei caratteri del monitor

- accettabilità delle condizioni di rumore

- spazio di lavoro

- necessità di accessori.



Tali aspetti infatti non sono del tutto compendiati dalle descrizioni di cui ai punti precedenti e le valutazioni degli operatori possono risultare utili ai fini di eventuali successivi interventi.



E’ importante sottolineare che i contenuti e le rilevazioni di cui ai punti a) e b) dovrebbero essere sottoscritti dall’addetto del servizio di prevenzione e protezione che esegue la loro raccolta, mentre quelli di cui ai punti c) e d) dovrebbero essere sottoscritti anche dal lavoratore intervistato.

L’elaborazione critica dei dati raccolti attraverso l’applicazione di tali “check list”, oltre a rappresentare il primo passaggio fondamentale per l’ottemperanza a quanto previsto dall’art. 52, può condurre più nello specifico a:



· verificare nel dettaglio tutte le situazioni che, per uno o più aspetti, risultano non conformi rispetto alle previsioni dell’allegato VII o comunque alle specifiche di buona tecnica al proposito emanate da enti di normazione nazionale ed internazionale

· pianificare di conseguenza gli interventi correttivi, per lo più strutturali, identificando le relative priorità e i costi connessi

· enucleare le situazioni in cui, per l’esistenza di variabili organizzative (es. tempi di applicazione a VDT molto prolungati) e/o ambientali (es. difficoltà strutturali alla buona sistemazione del lay-out) problematiche, è necessario procedere ad un approfondimento dell’analisi delle condizioni di rischio con un più ampio ricorso alla parametrazione e misurazione degli elementi di rischio.



Ad integrazione del percorso che in questa sede è stato prospettato è utile fornire alcune ulteriori note esplicative.



a) La valutazione della congruenza o meno di attrezzature, posti ed ambienti di lavoro con VDT può avvenire, oltre che con riferimento ai contenuti dell'allegato VII, anche in relazione a norme standard emanate sulla materia da organismi internazionali e nazionali. Al proposito in allegato I si fornisce un elenco, non esaustivo, di tali norme (alcune ancora allo stato di pre-norma). Va tuttavia chiarito che le diverse norme e standard, allo stato attuale, riflettono una forte divaricazione tra quelle più recenti o in via di emanazione, la cui osservanza si configura come "abbondante" rispetto ai requisiti minimi dell'allegato VII (è il caso delle norme ISO 9241 recepite dal CEN nelle norme 29241), e quelle, specie nazionali, più vetuste che a malapena garantiscono tali requisiti minimi (sono tali ad es. quelle UNI sulle caratteristiche dei sedili di lavoro).

È d'altronde noto che gli organismi nazionali di standardizzazione sono nell'impossibilità di aggiornare o produrre nuove norme nazionali su argomenti verso i quali è in corso l'elaborazione (a volte lenta e faticosa) di norme internazionali.

A questo proposito va ricordato che le norme della serie ISO 9241 (CEN 29241), che sono per larga parte ancora in via di definizione, riguardano, oltre a principi generali di ergonomia applicata al lavoro con VDT, le caratteristiche di monitor, tastiera, arredi, il design dei posti di lavoro, le caratteristiche dell'ambiente di lavoro, i sistemi alternativi di input nonché i principi di progettazione ergonomica del software.

Tali norme, anche quando recepite in sede CEN, non sono formalmente connesse alla direttiva CEE 270/90 (e pertanto al titolo VI del D.Lgs 626): esse tuttavia possono risultare di notevole ausilio, se criticamente utilizzate, nel processo di valutazione dei dati raccolti tramite check-list.



b) La raccolta di giudizi soggettivi dei lavoratori va intesa come specifico contributo alla valutazione della condizione di lavoro così come è peraltro previsto nel più generale processo di valutazione del rischio secondo la raccomandazione della stessa UE (“Orientamenti CEE riguardo alla valutazione dei rischi sul lavoro”).

Essa va comunque rigorosamente distinta dalle indagini anamnestiche tese a raccogliere i sintomi eventualmente riferiti dai lavoratori.

E' peraltro ipotizzabile che in alcuni contesti i lavoratori, opportunamente assistiti e formati, possano essere chiamati a fornire alcuni elementi (auto)descrittivi del proprio posto e ambiente di lavoro: in tal caso i lavoratori non riportano né giudizi né sintomi, ma bensì costituiscono il tramite per la raccolta di informazioni su dati strutturali oggettivi (peraltro facilmente verificabili).



c) Durante la fase di approntamento di questo documento di linee guida, sono state raccolte o elaborate diverse check-list che rispondono pienamente agli scopi e alle procedure di primo inquadramento che qui sono state delineate.

Nell'impossibilità di riportarle per intero qui di seguito si forniscono gli estremi per il loro reperimento presso le strutture che le hanno rispettivamente elaborate:



Lombardia: UOML ASL Città di Milano

CEMOC - via Riva di Villasanta, 11 Milano. Check-list per la descrizione e valutazione del posto di lavoro con VDT (in tale sede è disponibile anche il software di gestione della check-list proposta).

Clinica del Lavoro - via San Barnaba, 8 Milano. Procedura informatizzata per la sorveglianza sanitaria e il monitoraggio ambientale per operatori a VDT.



Piemonte: Assessorato regionale alla Sanità. Gruppo di studio su valutazione dei rischi lavorativi e sorveglianza sanitaria.

Guida all’analisi dei posti di lavoro muniti di VDT.



Veneto: Istituto di Medicina del Lavoro Università di Padova - via Facciolati, 71 Padova. Uso di attrezzature munite di VDT - scheda di valutazione dei rischi.