PRECISAZIONI SULLO STRESS LAVORO-CORRELATO

Il rischio stress lavoro-correlato è stato prorogato al 16 Maggio 2009 e per questo motivo, va preso atto che vanno fatte delle considerazioni di carattere generale, sotto una profilo del tutto giuridico.
L’art. 28, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2008 dispone espressamente che la valutazione del rischio stress lavoro-correlato deve essere svolta “secondo i contenuti dell’accordo europeo dell’8 ottobre 2004(…)”.
In Italia, tale accordo comunitario è stato recepito dall’Accordo interconfederale 9 giugno 2008 e ad esso si deve fare riferimento per le indicazioni metodologiche per valutare il rischio stress nei luoghi di lavoro.
Un’altra puntualizzazione riguarda la concezione stessa di stress da lavoro-correlato.L’art. 3 dell’Accordo interconfederale lo definisce, infatti, come “una condizione, accompagnata da sofferenze o disfunzioni fisiche, psichiche, psicologiche o sociali, che scaturisce dalla sensazione individuale di non essere in grado di rispondere alle richieste o di non essere all’altezza delle aspettative”(…) “non è una malattia, ma una situazione prolungata di tensione che può ridurre l’efficienza sul lavoro e può determinare un cattivo stato di salute”, quindi, non sono comprese nello stress da lavoro-correlato le violenze, le molestie, lo stress post-traumatico e lo stress condizionato da determinati fattori sociali e familiari.
Va inoltre precisato che, per effettuare il rischio stress da lavoro-correlato, nel rispetto dell’ art. 28, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2008, si deve fare riferimento a “gruppi di lavoratori” esposti allo stress da lavoro-correlato, a causa delle caratteristiche delle attività svolte e, una volta trovata la presenza di stress da lavoro-correlato, si dovranno determinare quindi i fattori stressanti e, le pertinenti misure di prevenzione e protezione, i medici competenti, nell’ambito della sorveglianza sanitaria, nell’ipotesi di visite ad un gruppo omogeneo di lavoratori, dovranno poi tenere conto di eventuali sintomatologie da stress a livello individuale.

Commenti

INFOTEL ha detto…
Il nuovo testo unico sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro dall’Aprile 2008 n° 81 prevede all’art. 28 la valutazione del rischio da stress lavoro correlato ma soprattutto degli aspetti psico-sociali del lavoro. Oggi le variabili economiche connesse alla concorrenza globale impongono la costruzione di sistemi integrati delle qualità, anche nelle industrie eccellenti. E’ sorta a livello europeo la necessità di inserire nelle misure delle qualità dei processi produttivi le variabili connesse allo stress lavoro correlato.

E’ ormai acquisito universalmente che non vi può essere qualità di prodotto o servizio senza un adeguato sistema di gestione dei rischi relativi alla salute e alla sicurezza dei lavoratori.
A livello mondiale vi sono ormai numerose esperienze che dimostrano come l’intervento in questo settore abbia portato notevoli benefici per l’intero sistema.
E’ divenuta sempre più diffusa la necessità di confrontarsi con sistemi integrati di gestione che associano nella loro struttura gli aspetti di salute e sicurezza totale alla qualità dei processi produttivi.
INFOTEL ha detto…
Come è noto è stata concessa recentemente la proroga dell'obbligo di fare e di rivedere le valutazioni dei rischi nei luoghi di lavoro secondo le modalità e gli indirizzi forniti dal D. Lgs. 9/4/2008 n. 81, contenente il Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro, proroga che questa volta ha il sapore proprio di un "ultimo avviso". La proroga riguarda però solo la valutazione dei rischi collegati allo stress lavoro-correlato mentre per tutti gli altri rischi l'obbligo è entrato in vigore già a decorrere dal 1° gennaio 2009. Ed ecco che ricorre il quesito che possiamo definire il quesito del giorno: chi deve fare e come va fatta la valutazione dei rischi da stress lavoro-correlato?
E siamo alle solite e non ci si stancherà mai di dirlo. Testo Unico alla mano ai sensi dell'art. 17 del D. Lgs. n. 81/2008 la valutazione di tutti i rischi presenti nei luoghi di lavoro, con la conseguente elaborazione del documento previsto dall'art. 28 dello stesso D. Lgs. (DVR), è un obbligo indelegabile a carico del datore di lavoro ed in virtù delle indicazioni fornite nell'art. 25 e nell'art. 2 lettera h) del decreto medesimo sulle definizioni, lo stesso datore di lavoro la fa in collaborazione con il servizio di prevenzione e protezione e con il medico competente. Quanto sopra è valido a maggior ragione per la valutazione dei rischi da stress lavoro-correlato considerato che in tale valutazione ci sono delle componenti di natura medica ed anche psicologica ragion per cui il medico competente, che è chiamato a collaborare attivamente con il sistema aziendale per fornire gli indirizzi di propria competenza, finisce con il rappresentare una figura chiave nella valutazione del particolare rischio. Si rammenta che, ai sensi dell'art. 28 comma 2 lettera e) del D. Lgs. n. 81/2008, il datore di lavoro dovrà comunque inserire nel documento di valutazione dei rischi, con un obbligo sanzionato anche penalmente, i nominativi sia del responsabile del servizio di prevenzione e protezione che del medico competente che ha partecipato alla valutazione dei rischi. Resta comunque fermo, inoltre, che per effettuare la valutazione di tutti i rischi e quindi anche dei rischi collegati allo stress lavoro-correlato il datore di lavoro stesso può farsi collaborare anche da consulenti esterni esperti nella materia specifica e ciò in rispetto anche alle indicazioni fornite dallo stesso D. Lgs. n. 81/2008 con l'art. 31 comma 3 in base al quale "il datore di lavoro può avvalersi di persone esterne alla azienda in possesso delle conoscenze professionali necessarie, per integrare, ove occorra, l'azione di prevenzione e protezione del servizio".
Circa le modalità da seguire per fare tale valutazione dei rischi, è lo stesso D. Lgs. n. 81/2008 che fornisce dei suggerimenti citando nell'art. 28 comma 1 l'accordo europeo sullo stress lavoro-correlato stipulato a Bruxelles l'8 ottobre 2004 tra UNICE/ UEAPME, CEEP E CES, accordo comunitario che è stato successivamente tradotto e recepito dall'accordo interconfederale raggiunto l'8 giugno 2008 tra CONFINDUSTRIA, CONFAPI, CONFARTIGIANATO, CASARTIGIANI, CLAAI, CNA, CONFESERCENTI,CONFCOOPERATIVE, LEGACOOPERATIVE, AGCI, CONFSERVIZI, CONFAGRICOLTURA, COLDIRETTI e CGIL, CISL, UIL.
La finalità del citato accordo è quella di accrescere la consapevolezza e la comprensione dello stress lavoro-correlato da parte dei datori di lavoro, dei lavoratori e dei loro rappresentanti, e di attirare la loro attenzione sui segnali che potrebbero denotare problemi di stress lavoro-correlato, nonché di offrire ai datori di lavoro ed ai lavoratori un quadro di riferimento per individuare e prevenire o gestire problemi di stress lavoro-correlato.
Lo stress è definito nell'accordo interconfederale come "una condizione che può essere accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale ed è conseguenza del fatto che taluni individui non si sentono in grado di corrispondere alle richieste o alle aspettative riposte in loro".
L’individuo, si legge nell'accordo, è assolutamente in grado di sostenere una esposizione di breve durata alla tensione, che può essere considerata positiva, ma ha maggiori difficoltà a sostenere una esposizione prolungata ad una pressione intensa ed inoltre, individui diversi possono reagire differentemente a situazioni simili e lo stesso individuo può reagire diversamente di fronte a situazioni simili in momenti diversi della propria vita.
Lo stress, viene precisato nell'accordo, non è una malattia ma una situazione di prolungata tensione, che può essere causato da fattori diversi come il contenuto del lavoro, l’eventuale inadeguatezza nella gestione dell’organizzazione del lavoro e dell’ambiente di lavoro, carenze nella comunicazione, etc. e che può portare a ridurre l’efficienza sul lavoro e a determinare un cattivo stato di salute. Data la complessità del fenomeno stress, l'accordo non ha inteso fornire una lista esaustiva dei potenziali indicatori di stress ma ha precisato che, comunque, un alto tasso di assenteismo, una elevata rotazione del personale, frequenti conflitti interpersonali o lamentele da parte dei lavoratori sono alcuni dei segnali che possono denotare un problema di stress lavoro-correlato.
Nell'accordo viene rammentato che, secondo la direttiva-quadro 89/391, tutti i datori di lavoro hanno l’obbligo giuridico di tutelare la salute e sicurezza sul lavoro dei lavoratori e che questo dovere si applica anche in presenza di problemi di stress lavoro-correlato in quanto essi incidano su un fattore di rischio lavorativo rilevante ai fini della tutela della salute e della sicurezza ed inoltre che tutti i lavoratori hanno un generale dovere di rispettare le misure di protezione determinate dal datore di lavoro.
La individuazione di un eventuale problema di stress lavoro-correlato può implicare una analisi su fattori quali l’eventuale inadeguatezza nella gestione dell’organizzazione e dei processi di lavoro (disciplina dell’orario di lavoro, grado di autonomia, corrispondenza tra le competenze dei lavoratori ed i requisiti professionali richiesti, carichi di lavoro, ecc.), condizioni di lavoro e ambientali (esposizione a comportamenti illeciti, rumore, calore, sostanze pericolose, ecc.), comunicazione (incertezza in ordine alle prestazioni richieste, alle prospettive di impiego o ai possibili cambiamenti, ecc.) e fattori soggettivi (tensioni emotive e sociali, sensazione di non poter far fronte alla situazione, percezione di mancanza di attenzione nei propri confronti, ecc.).
Qualora si individui un problema di stress lavoro-correlato, si legge ancora nell'accordo, occorre adottare misure per prevenirlo, eliminarlo o ridurlo. Il compito di stabilire le misure appropriate spetta al datore di lavoro e queste misure dovranno essere adottate con la partecipazione e la collaborazione dei lavoratori e/o dei loro rappresentanti. La prevenzione, l’eliminazione o la riduzione dei problemi di stress lavoro-correlato può comportare l’adozione di varie misure. Queste misure possono essere collettive, individuali o di entrambi i tipi e possono essere introdotte sottoforma di specifiche misure mirate a fattori di stress individuati o quale parte di una politica integrata sullo stress che includa misure sia preventive che di risposta.
Tali misure potrebbero includere, per esempio, secondo l'accordo:
􀂃 misure di gestione e comunicazione, chiarendo, ad esempio, gli obiettivi aziendali ed il ruolo di ciascun lavoratore ovvero assicurando un adeguato sostegno da parte della dirigenza ai singoli lavoratori ed ai gruppi o conciliando responsabilità e potere di controllo sul lavoro o, infine, migliorando la gestione dell’organizzazione e dei processi di lavoro, le condizioni lavorative e l’ambiente di lavoro,
􀂃 la formazione dei dirigenti e dei lavoratori per accrescere la loro consapevolezza e conoscenza dello stress, delle sue possibili cause e di come affrontarlo e/o adattarsi al cambiamento,
􀂃 l’informazione e la consultazione dei lavoratori e/o dei loro rappresentanti, secondo la legislazione europea e nazionale, gli accordi collettivi e la prassi.
Anche nell'accordo viene ribadito, infine, quanto sopra già messo in evidenza dallo scrivente e cioè che "laddove nel luogo di lavoro non siano presenti professionalità adeguate, possono essere chiamati esperti esterni, secondo la legislazione europea e nazionale, gli accordi collettivi e la prassi".

Fonte : http://www.porreca.it/
INFOTEL ha detto…
Con riferimento ed a seguito del seminario sulla valutazione del rischio stress lavoro correlato organizzato da Confindustria Firenze il 3 dicembre 2008, facciamo il punto sull’attuale normativa e forniamo le prime indicazioni su come effettuare la relativa valutazione del rischio.

L'articolo 28 del D.Lgs. 81/2008 prevede, tra l’altro, che la valutazione dei rischi “deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’accordo europeo dell’8 ottobre 2004”.

La normativa relativa alla valutazione dei rischi secondo i contenuti e le modalità della disposizione di legge appena richiamata entrerà in vigore il 1° gennaio 2009, a seguito del rinvio contenuto nella legge n. 129/2008, art. 4, comma 2bis.

Tra i fattori da analizzare l’Accordo Interconfederale del 9 giugno 2008, con il quale è stato recepito l'Accordo Europeo, evidenzia (art. 4, comma 2):

- inadeguatezza nella gestione dell’organizzazione e dei processi di lavoro: disciplina dell’orario di lavoro, grado di autonomia, corrispondenza tra competenze e requisiti professionali richiesti, carichi di lavoro ecc.

- condizioni di lavoro e ambientali: esposizione a comportamenti illeciti, rumore, calore, sostanze pericolose, ecc.

- comunicazione: incertezza in ordine alle prestazioni richieste, alle prospettive di impiego o ai possibili cambiamenti, ecc.

- fattori soggettivi: tensioni emotive e sociali, sensazione di non poter far fronte alle situazioni, percezione di mancanza di attenzione nei propri confronti ecc.

Il primo aspetto da porre in luce è che l'art. 28 non fa riferimento ai rischi psicosociali, ma al ben diverso fenomeno dello stress lavoro correlato: i contorni di questo tipo di rischio sono stati definiti nell’Accordo Europeo dell’8 ottobre 2004. A differenza di quanto un pò superficialmente viene indicato, oggetto di valutazione, quindi, non sono né i rischi psicosociali in generale né il mobbing né la violenza sul lavoro né il disturbo post traumatico da stress.

E' opportuno ricordare che il mobbing si sostanzia in una azione aggressiva cosciente e volontaria, protratta nel tempo, finalizzata a mettere uno o più lavoratori in una condizione di forte disagio col fine dell’espulsione dal contesto lavorativo (licenziamento o trasferimento) o della sottomissione (frustrarne cioè la capacità personale di contrattare, di difendere i propri diritti, di far valere le proprie ragioni).

A differenza dello stress, che si sostanzia in una risposta dell’individuo in termini di adattamento a sollecitazioni provenienti dal contesto lavorativo o extralavorativo, il mobbing presuppone comportamenti volontariamente lesivi della dignità umana, che trovano già gli strumenti di reazione nell’ordinamento, in sede disciplinare, civile e penale.

La violenza nel posto di lavoro afferisce invece a comportamenti illeciti, sanzionati sotto i profili penale, civile e disciplinare, che nulla hanno a che vedere con la reazione individuale a sollecitazioni presenti nel contesto lavorativo o extralavorativo.

La sindrome post traumatica da stress (disturbo post traumatico da stress), poi, differisce dallo stress in quanto si tratta di una risposta ritardata o protratta ad un evento fortemente stressante o a una situazione di natura altamente minacciosa o catastrofica in grado dì provocare diffuso malessere in quasi tutte le persone. Questo disturbo evidenzia un quadro clinico difficilmente correlabile ai rischi lavorativi.

In tema di stress lavoro-correlato, il secondo aspetto da porre in evidenza è il riferimento a “gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari”: la precisa locuzione normativa consente di escludere un approccio individuale al tema dello stress, dovendosi, invece, individuare previamente gruppi di lavoratori eventualmente interessati dal rischio stress.

Il terzo elemento essenziale da sottolineare è che la valutazione va condotta - per espressa previsione di legge - secondo i contenuti dell’Accordo Europeo dell’8 ottobre 2004 e quindi dell’ accordo interconfederale stipulato il 9 giugno 2008.

Il quarto essenziale elemento è che, secondo l’Accordo Interconfederale, il dovere da parte del datore di lavoro di tutelare la salute e sicurezza dei lavoratori si applica anche in presenza di problemi di stress lavoro-correlato “in quanto essi incidano su un fattore di rischio lavorativo rilevante ai fini della tutela della salute e della sicurezza”.

Lo stress lavoro-correlato, quindi, rientra nell’iter di valutazione dei rischi ma occorre accertare che questo fattore incida su rischi rilevanti ai fini della sicurezza.

La valutazione del rischio da stress lavoro-correlato



Così delimitato l’ambito d’interesse, l’approccio iniziale alla valutazione dello stress lavoro correlato deve essere di tipo oggettivo: secondo l’Accordo Interconfederale, infatti, benché potenzialmente “lo stress possa riguardare ogni luogo di lavoro ed ogni lavoratore, indipendentemente dalle dimensioni dell’azienda, dal settore di attività o dalla tipologia del contratto o del rapporto di lavoro, ciò non significa che tutti i luoghi di lavoro e tutti i lavoratori ne sono necessariamente interessati.”

Innanzitutto, quindi, occorre verificare con la collaborazione massima del D.L o di un suo rappresentante, del RSPP, del medico competente – anche attraverso l’organigramma o il funzionigramma aziendale - la presenza di gruppi omogenei di lavoratori che, svolgendo mansioni o compiti particolari (es. perché ripetitivi, monotoni, particolarmente rischiosi), potrebbero essere esposti al rischio stress.

Se questa fase dovesse dare (ad esempio, per le ridottissime dimensioni dell’azienda) risultato negativo, la valutazione potrebbe concludersi con l’impegno a monitorare eventuali comportamenti anomali, magari su segnalazione del medico competente.



1)Prima analisi: indicatori oggettivi di potenziale stress



Se l’organizzazione aziendale consente di individuare gruppi omogenei di lavoratori potenzialmente esposti a rischio stress, occorrerebbe valutare l’esistenza, nell’organizzazione aziendale o nell’ambiente di lavoro, di indicatori oggettivi di stress.

Ad esempio, tra i segnali che possono denotare la presenza del problema, anche secondo l’Accordo Interconfederale (art. 4, comma 1), possono rientrare:

- alto tasso di assenteismo

- elevata rotazione del personale

- frequenti conflitti interpersonali

- lamentele da parte delle persone

- infortuni troppo frequenti

- richieste di cambio mansione/settore

- disfunzioni o episodi di interruzione/rallentamento dei flussi comunicativi

Accanto a questi elementi, occorrerebbe indagare anche i flussi comunicativi bottom up e top down presenti in azienda.

In assenza di uno di questi fattori (o similari) o di criticità ed in assenza comunque di cambiamenti comportamentali dei lavoratori tali da denotare un rischio di stress, o in presenza di azioni già messe in atto dal datore di lavoro prima dell’entrata in vigore della norma, la valutazione potrebbe concludersi con l’impegno a monitorare nel tempo eventuali comportamenti anomali, magari su segnalazione del medico competente o degli uffici del personale.



2) Seconda analisi : comportamenti soggettivi in assenza di indicatori oggettivi e valutazione del rischio stress



In presenza dei fattori stressogeni indicati ovvero in assenza degli indicatori oggettivi sopra indicati ma in presenza di mutamenti comportamentali all’interno del gruppo di lavoratori, occorrerebbe valutare il rischio stress e individuare i motivi della reazione soggettiva, al fine di verificarne il nesso con fattori lavorativi o extralavorativi e individuare gli strumenti di prevenzione compatibili con il contesto complessivo aziendale.

Data la complessità del fenomeno stress, non vi è uno strumento o un metodo che esaurisca in sé la molteplicità degli aspetti.

Può essere necessario, a seconda dei risultati della ricognizione, l’approccio organizzativo (metodi di lettura e interventi sulla organizzazione del lavoro), l’approccio psicologico, l’approccio medico, l’approccio comunicazionale o relazionale, in relazione al bisogno effettivo.

Fondamentale è apparso in particolare nelle attività più complesse e articolate il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati (anche eventualmente attraverso interviste o test individuali) evitando la somministrazione di questionari generalizzati e non calati nel contesto aziendale di riferimento.



Se la risposta consente di correlare lo stress manifestato dal lavoratore a fattori lavorativi, potrebbe essere necessario approfondire i connessi problemi di ordine psicologico, organizzativo o medico.

Se la risposta, al contrario, non evidenzia un nesso eziologico tra lavoro e stress, ovvero evidenzia fattori extralavorativi, non trattandosi di un rischio lavorativo, la valutazione dei rischi potrebbe concludersi con l’impegno a monitorare nel tempo eventuali comportamenti anomali che potrebbero essere sopportati nel contesto lavorativo, magari su segnalazione del medico competente o degli uffici del personale.



3) Terza analisi: comportamenti soggettivi in presenza di indicatori oggettivi



In presenza di uno dei fattori sopra indicati che possono denotare la presenza di stress nel luogo di lavoro, ovvero comunque nel caso di mutamenti comportamentali del gruppo di lavoratori, si dovrebbe verificare quale sia la reazione soggettiva dei singoli lavoratori interessati in termini di percezione dello stress.

Si dovrebbe, cioè, indagare che tipo di percezione hanno i singoli lavoratori facenti parte di un determinato gruppo rispetto all’organizzazione o all’ambiente di lavoro. Solo a questo punto potrebbe essere adottato un approccio individuale al tema stress, attraverso interviste o somministrazione di test.

Se, nonostante l’evidenza di una reazione individuale da parte dei lavoratori, non vengono manifestati collegamenti con l’organizzazione e con l’ambiente di lavoro, la valutazione del rischio potrebbe concludersi con l’impegno a monitorare nel tempo eventuali comportamenti anomali, magari su segnalazione del medico competente o degli uffici del personale.

Se, al contrario, la reazione individuale evidenzia un collegamento causale tra organizzazione o ambiente di lavoro e manifestazione di stress, occorre un intervento di tipo organizzativo, psicologico o medico per affrontare e ridurre o eliminare il rischio.



4) Quarta analisi: misure di prevenzione e protezione



L’ultimo punto riguarda, nei casi in cui la valutazione si concluda con l’evidenziazione di un problema di stress lavoro correlato, l’adozione delle misure di prevenzione o protezione.

Nello scegliere le misure ed i provvedimenti di prevenzione adeguati, dato il carattere variabile del fenomeno stress, legato a fattori “imprevedibili” (es. le diverse reazioni dei gruppi - o del singolo - nei confronti della medesima scelta aziendale che sia tecnica, gestionale, organizzativa o un evento che subentra nella vita di una persona), si potrebbero adottare differenti misure. Tra queste:

- misure tecniche, organizzative, procedurali

- potenziamento di automatismi tecnologici

- alternanza di mansioni nei limiti di legge e di contratto

- riprogrammazione dell’attività

- particolare formazione e addestramento

- forme di comunicazione

- forme di coinvolgimento

- particolare sorveglianza sanitaria.



Conclusioni

Nonostante una nutrita serie di studi in materia di valutazione dello stress lavoro-correlato, la comunità scientifica non è ancora pervenuta ad un metodo scientifico consolidato. Le indicazioni che precedono, quindi, rivestono un carattere meramente indicativo, e si fondano esclusivamente sulle previsioni normative contenute nel D.Lgs n. 81/2008 e sui contenuti dell’Accordo Europeo 8 ottobre 2004, come recepito nell’Accordo Interconfederale del 9 giugno 2008. Per altro metodi normalizzati sono allo studio presso l’I.S.S.

Con riserva di ulteriori comunicazioni in materia, anche in relazione alle iniziative che potranno essere assunte nell'ambito del Comitato Tecnico Salute e Sicurezza, siamo a disposizione per eventuali chiarimenti.



(Area Ambiente Sicurezza Energia Qualità – Antonio Cammarano)
Fonte confindustria firenze