1) Art. 37. Formazione dei lavoratori
Durata minima complessiva dei corsi per i lavoratori, in base alla classificazione ATECO
SETTORI DELLA CLASSE DI RISCHIO
SETTORI DELLA CLASSE DI RISCHIO
RISCHIO BASSO
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RISCHIO MEDIO
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RISCHIO ALTO
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FORMAZIONE
GENERALE
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4
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FORMAZIONE GENERALE
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4
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FORMAZIONE GENERALE
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4
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FORMAZIONE
SPECIFICA
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4
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FORMAZIONE SPECIFICA
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8
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FORMAZIONE SPECIFICA
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12
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TOTALE
ORE
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8
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TOTALE
ORE
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12
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TOTALE
ORE
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16
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2) LA FORMAZIONE DEI PREPOSTI
La formazione per il preposto, oltre a quella prevista per i lavoratori, deve essere integrata da una formazione particolare
La formazione per il preposto, oltre a quella prevista per i lavoratori, deve essere integrata da una formazione particolare
FORMAZIONE AGGIUNTIVA 8 ORE
PUO’ ESSERE SVOLTA IN FAD PER 4 ORE
AGGIORNAMENTO 8 ORE PER TUTTI I MACROSETTORI
PUO’ ESSERE SVOLTA IN FAD
PUO’ ESSERE SVOLTA IN FAD PER 4 ORE
AGGIORNAMENTO 8 ORE PER TUTTI I MACROSETTORI
PUO’ ESSERE SVOLTA IN FAD
La formazione dirigenti sostituisce integralmente quella prevista per i lavoratori
4 MODULI
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MODULO 1
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MODULO 2
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MODULO 3
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MODULO 4
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GIURIDICO NORMATIVO
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ORGANIZZAZIONE SICUREZZA
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RISCHI
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COMUNICAZIONE
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PUO’ ESSERE SVOLTO IN FAD
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AGGIORNAMENTO 8 ORE QUINQUENNALI
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PUO’ ESSERE SVOLTO IN FAD
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4) LA FORMAZIONE DEI DATORI DI LAVORO
4 MODULI
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MODULO 1
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MODULO 2
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MODULO 3
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MODULO 4
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GIURIDICO NORMATIVO
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ORGANIZZAZIONE SICUREZZA
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RISCHI
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COMUNICAZIONE
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PUO’ ESSERE SVOLTO IN FAD
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AULA
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AGGIORNAMENTO QUINQUENNALI
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PUO’ ESSERE SVOLTO IN FAD
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RISCHIO BASSO 8 ORE
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RISCHIO BASSO 12 ORE
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RISCHIO BASSO 16 ORE
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Commenti
Vi è poi un'altra considerazione, che nei termini di quasi certezza con cui è posta appare sbagliata: «Viceversa, non si ritiene che costituiscano norme speciali, nel senso appena indicato, disposizioni quali, sempre solo a titolo esemplificativo, quelle di cui all’articolo 169, comma 1, lettera b), in materia di movimentazione manuale dei carichi, o di cui all’articolo 177, comma 1, lettera b), in materia di attrezzature munite di videoterminali, nelle quali si parli, come negli esempi citati, di “formazione adeguata” o si usino formule simili, senza che la normativa individui in modo puntuale e peculiare le caratteristiche (in termini di durata, contenuti etc.) dei corsi stessi. In simili situazioni, la formazione relativi ai rischi di specifico riferimento (negli esempi appena riportati, i rischi relativi alla movimentazione manuale dei carichi e quelli derivanti dall’uso di attrezzature munite di videoterminali) va effettuata in applicazione delle disposizioni di cui all’accordo ex articolo 37 del d.lgs. n. 81/2008, nella parte denominata “Formazione specifica”". Questa considerazione appare non condivisibile in quei casi, come ad esempio la movimentazione manuale dei pazienti negli ospedali e case di cura, nei quali solo una corretta spiegazione di questa attività richiede 8 ore di formazione, se si vuol fare una cosa seria. Quindi l'accordo opera con una generalizzazione arbitraria, sarà il documento aziendale di valutazione dei rischi che dovrà definire la questione, e il richiamo alla errata considerazione dell'accordo interpretativo non avrà alcuna efficacia esimente, posto che la valutazione dei rischi è un obbligo indelegabile del datore di lavoro, e non della Conferenza Stato-Regioni.
Altra preziosa sottolineatura, basata sul buon senso e la ragionevolezza che sempre dovrebbe ispirare il legislatore e chi fa vigilanza nelle aziende, così come tutti i datori di lavoro, è la seguente considerazione: "L’accordo ex articolo 37 del “testo unico” di salute e sicurezza sul lavoro espone, al punto 4, nella parte denominata “Condizioni particolari”, il principio per il quale: “I lavoratori di aziende, a prescindere dal settore di appartenenza, che non svolgano mansioni che comportino la loro presenza, anche saltuaria, nei reparti produttivi, possono frequentare i corsi individuati per il rischio basso”. In tal modo viene esplicitato il principio generale in forza del quale la “classificazione” dei lavoratori, nei soli casi in cui esistano in azienda soggetti non esposti a medesime condizioni di rischio, può essere fatta anche tenendo conto delle attività concretamente svolte dai soggetti medesimi, avendo a riferimento quanto nella valutazione dei rischi; ad esempio, i lavoratori di una azienda metallurgica che non frequentino reparti produttivi o i lavoratori che svolgano semplice attività d’ufficio saranno considerati come lavoratori che svolgano una attività a rischio “basso” e non lavoratori (come gli operai addetti alle attività dei reparti produttivi) che svolgano una attività che richiederebbe i corsi di formazione per il rischio “alto” o “medio”. Analogamente, ove la valutazione dei rischi di una azienda la cui classificazione ATECO prevede l’avvio dei lavoratori a corsi a rischio “basso” evidenzi l’esistenza di rischi particolari, tale circostanza determina la necessità di programmare e realizzare corsi adeguati alle effettive condizioni di rischio (quindi, di contenuto corrispondente al rischio “medio” o “alto”)». Ovviamente vale anche l'inverso, ovvero se una società di consulenza invia tutti i giorni un proprio tecnico nei cantieri edili per collaborare alla gestione della sicurezza, l'obbligo formativo sarà quello relativo all'attività effettivamente svolta dal dipendente, ovvero quella che configura una presenza continuativa in cantiere edile.
mandato a questo di inviare, per suo conto, la richiesta di collaborazione all’organismo paritetico. Con riferimento all’accordo ex articolo 34 del d.lgs. n. 81/2008, il quale individua i Fondi interprofessionali di settore tra i soggetti legittimati ope legis alla erogazione della formazione, si precisa che nel caso in cui da statuto tali soggetti non si configurino come erogatori diretti, questi, ai fini dell’erogazione dei corsi in questione, dovranno avvalersi di soggetti formatori esterni alle proprie strutture secondo le previsioni riportate in coda al punto 1 dell’accordo (“Individuazione dei soggetti formatori e sistema di accreditamento”). Si ritiene utile ribadire quanto già esposto dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali nella circolare n. 20 del 29 luglio 2011, vale a dire che la norma in ultimo citata non impone al datore di lavoro di effettuare la formazione necessariamente con gli organismi paritetici quanto, piuttosto, di mettere i medesimi a conoscenza della volontà di svolgere una attività formativa; ciò in modo che essi possano, se del caso, svolgere efficacemente la funzione che il “testo unico” attribuisce loro, attraverso proprie proposte al riguardo. Resta inteso che tale richiesta di collaborazione opera unicamente in relazione agli organismi paritetici che abbiano i requisiti di legge e che, quindi, siano costituiti nell’ambito di organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (in questo senso la definizione di “organismo paritetico” dettata all’articolo 2, comma 1, lettera ee), del d.lgs. n. 81/2008) e che svolgano la propria attività di “supporto” alle aziende operando sia nel territorio che nel settore di attività del datore di lavoro (in questo senso l’articolo 37, comma 12, citato). Rispetto a tale previsione, si ritiene che il “territorio” di riferimento possa essere individuato nella Provincia, contesto nel quale usualmente operano gli organismi paritetici. Nei soli casi in cui il sistema di pariteticità non sia articolato a livello provinciale ma sia comunque presente a livello regionale, la collaborazione opererà a tale livello. Qualora, invece, gli organismi paritetici non siano presenti a né a livello provinciale né a livello regionale, il datore di lavoro che intendesse farlo, senza che – in tal caso – si applichi la previsione di cui all’articolo 37, comma 12, del “testo unico”, potrà comunque rivolgersi ad un livello superiore a quello regionale. Relativamente alle aziende con più sedi in differenti contesti territoriali, l’organismo di riferimento può essere individuato avendo riguardo alla sede legale dell’impresa.