rischio biologico

rischio biologico
Il D.Lgs. n. 81/2008 dedica al rischio biologico un intero Titolo (Titolo X), con relativi allegati. Tale Decreto definisce cosa debba intendersi per “agente biologico” e ne fissa i criteri per la classificazione in base al livello di pericolosità per la salute, distinguendo tra uso deliberato degli agenti biologici (introduzione intenzionale nel ciclo lavorativo) ed esposizione potenziale ad essi (nei casi in cui la presenza di tali agenti rappresenti un evento indesiderato, ma inevitabile). Per le attività che comportano uso deliberato, devono essere attuate misure tecniche, organizzative e procedurali finalizzate ad evitare o ridurre al minimo l’esposizione e i lavoratori esposti devono essere sottoposti a sorveglianza sanitaria.
L’art. 267 definisce agente biologico “qualsiasi microrganismo ….. coltura cellulare ed endoparassita umano che potrebbe provocare infezioni, allergie o intossicazioni”. Gli agenti biologici sono classificati in quattro gruppi (art. 268 e Allegato XLVI) a rischio crescente di infezione e la loro pericolosità viene stabilita in base alle caratteristiche di infettività, patogenicità, trasmissibilità, neutralizzabilità e virulenza. Gli obblighi del datore di lavoro e le misure di prevenzione e protezione da adottare per controllare il rischio di esposizione a tali agenti sono condizionati dal gruppo di appartenenza degli agenti stessi. È opportuno tener presente che la classificazione “si basa sul l’effetto esercitato su lavoratori sani” e “non tiene conto degli effetti sui lavoratori la cui resistenza o sensibilità potrebbe essere modificata da malattie preesistenti, uso di medicinali, stato immunitario compromesso, etc.” (Allegato XLVI, p.to 2), di cui si deve tener conto al momento di scegliere le misure protettive da adottare e nella sorveglianza sanitaria. Nelle scuole l’esposizione ad agenti biologici è di tipo accidentale, dal momento che le attività svolte non comportano l’uso deliberato di tali agenti, a meno che non siano previste attività di laboratorio microbiologico o esercitazioni che possano comportare un’esposizione ad agenti biologici di tipo potenziale, come ad esempio negli istituti agrari e zootecnici. Il rischio biologico nelle scuole è di natura prevalentemente infettiva (virus e batteri), con modalità di esposizione in prevalenza per inalazione e per contatto diretto (tra un individuo ed un altro) o indiretto (contatto con superfici o oggetti contaminati). La natura infettiva di tali agenti rende il rischio particolarmente rilevante per i soggetti immuno-compromessi, le lavoratrici-madri o in gestazione e nel caso in cui gli ambienti siano destinati a un uso promiscuo e densamente occupati (aule, segreterie, ecc.). La trasmissione può avvenire anche per contatto e per via oro-fecale. L’affollamento dei locali, l’inadeguata ventilazione e l’insufficienza dei ricambi d’aria negli ambienti rappresentano condizioni critiche, che incrementano la possibilità di contatto con le potenziali sorgenti di rischio (persone affette da malattie infettive o portatrici sane o asintomatiche) e impediscono la diluizione degli inquinanti biologici negli ambienti. Il cattivo stato di manutenzione e di pulizia dell’edificio, degli ambienti indoor, dei servizi igienici e degli impianti sia di trattamento aria che idrosanitari può determinare condizioni favorevoli allo sviluppo e all’accumulo di muffe, batteri ambientali (ad esempio
Legionelle) e acari della polvere.
In linea generale le patologie prevalenti riscontrate tra la popolazione scolastica sono rappresentate da:
• malattie virali, con epidemie stagionali di raffreddore, influenza, e altre malattie
a trasmissione aerea (morbillo, varicella, rosolia ecc.);
• parassitosi (ad esempio, pediculosi, scabbia, ossiuri);
• patologie allergiche (allergie da pollini, acari della polvere, muffe, ecc.).
Asili nido e scuole dell’infanzia estendono il campo delle patologie a quelle che si possono contrarre durante l’assistenza ai bambini per contatto con secrezioni, feci ed urine infette. Contaminazione microbiologica e “qualità dell’aria indoor” La buona qualità dell’aria negli ambienti indoor è un importante determinante della salute, tanto più in considerazione dei lunghi tempi di permanenza che le popolazioni dei Paesi industrializzati trascorrono in ambienti confinati sia di vita che di lavoro. La IAQ, infatti, influisce sullo stato di salute, contribuisce ad un maggior senso di comfort e benessere e migliora le prestazioni degli occupanti l’ambiente confinato.
È noto che i microrganismi, in quanto ubiquitari, sono una componente costante di ogni ambiente naturale e confinato; la maggior parte di essi risulta innocua per l’uomo. La componente microbiologica dell’aria è definita nel suo insieme con il termine di “bioaerosol”: con esso si intendono gli aerosol contenenti microorganismi (batteri, funghi, virus) e loro componenti o derivati. Il range dimensionale dei bioaerosol è tale da consentirne l’aerodiffusione e la sedimentazione anche a distanza dalla sorgente di emissione e include la “frazione respirabile” del particolato aerodisperso (< 10μm), di notevole interesse e rilevanza ai fini sanitari, perché in grado di penetrare in profondità nei polmoni.

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