Dal distacco al coinvolgimento. Medici, assistenti sociali e forze dell'ordine sono molto più sensibili ai maltrattamenti subiti dalle donne, hanno una buona conoscenza del fenomeno "violenza di genere", ma la difficoltà maggiore resta quella di relazionarsi con la vittima. Per questo chiedono una formazione adeguata e la collaborazione di tutti i soggetti coinvolti nella prima accoglienza alle donne vittime di abusi. Sono questi i risultati del rapporto "Le istituzioni in ascolto. Operatori di sanità e di polizia di fronte alla violenza alle donne" realizzato da Telefono Rosa e dall'Istituto di ricerche internazionali Archivio disarmo, in collaborazione con l'INAIL, il ministero dello Sviluppo economico e il dipartimento di Innovazione e società della Sapienza, nell'ambito del progetto "Cassiopea" promosso dal dipartimento delle Pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Durante la ricerca, realizzata da marzo a giugno 2009 e presentata oggi nella sede dell'Associazione stampa estera, a Roma, sono state intervistate 70 persone tra operatori socio sanitari (ginecologi, infermieri, psicologi, assistenti sociali) e agenti di polizia e carabinieri. Dai risultati è emerso che tutti i diretti interessati hanno una buona conoscenza del fenomeno "violenza di genere" - sia essa fisica, psicologica o sessuale - e che la criticità maggiore nasce dalla "necessità di creare un rapporto di fiducia con la vittima", anche a fini investigativi, soprattutto quando gli operatori socio sanitari e le forze dell'ordine sono uomini e manca il supporto dello psicologo.
Non è facile neanche "dover appurare la veridicità di quanto denunciato dalla vittima di un abuso senza far trapelare nessun tipo di diffidenza", si legge nel rapporto. Una difficoltà riscontrata soprattutto da polizia e carabinieri. I pronto soccorso, invece, lamentano spesso sia la mancanza di "un protocollo procedurale univoco da attivare in questi casi sia la formalizzazione di una rete con gli altri soggetti che gestiscono la prima accoglienza delle donne" picchiate o stuprate. Tutti gli operatori, comunque, richiedono a gran voce la necessità di ricevere "una formazione adeguata e possibilmente continua soprattutto sul primo approccio con la vittima, ritenuto la fase centrale e più critica del proprio lavoro".
Qualche dato: a Roma nel mese di gennaio 2009, come riportano i dati Istat, si sono verificati sei casi di violenza sessuale. In realtà il fenomeno della violenza ha conosciuto una contrazione di oltre il 10% negli ultimi anni: dai 242 casi del 2007 ai 216 casi del 2008 (dati della Questura). Come riportato dai centri antiviolenza, il 70% degli stupri viene perpetrato da mariti e compagni conviventi, il 12% da ex mariti ed ex compagni, e solo il 3% da sconosciuti. Nel Lazio, una delle regioni più sessualmente violente d'Italia come riporta una ricerca condotta dalla Regione e da Telefono Rosa, il 49% delle donne si sente insicura in qualunque luogo della città e il 38% ha dichiarato di essere stata vittima almeno una volta di una qualche forma di violenza fisica, sessuale o psicologica.
"La richiesta di formazione da parte degli operatori non è solo in itinere ma è soprattutto iniziale", spiega Fabrizio Battistelli, presidente dell'Archivio disarmo. Gli agenti delle volanti, chi sta nei commissariati e il personale dei pronto soccorso "vogliono avere almeno una conoscenza di base di come ci si comporta in casi di stupro, percosse o altre forme di abusi". Altra esigenza è "il bisogno, sia degli operatori sanitari sia delle forze dell'ordine, di fare rete con altri soggetti, come i servizi sociali comunali, le associazioni, i centri anti-violenza", continua Battistelli.
Il colonnello dei carabinieri Roberto Massi ha invece sottolineato anche "la necessità di fare prevenzione", mentre Francesca Monadi, vice dirigente della squadra mobile di Roma, ha richiamato l'attenzione sull'importanza che anche gli operatori sanitari sappiano "cosa succede nei casi di violenza sulle donne sia dal punto di vista investigativo e giudiziario sia da quello della seconda accoglienza". Ma anche chi sta dietro gli sportelli d'ascolto contro le molestie sessuali sul lavoro deve avere un'infarinatura del problema. "Spesso i disagi lavorativi delle donne nascondono casi di abuso", aggiunge Mirella Ferlazzo, presidente del Comitato Pari opportunità del ministero dello Sviluppo economico.
(RedSoc/roma)
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