Ancora a proposito di segreto aziendale e di obbligo di consegna del DVR al RLS (*)
Premessa
Nell'agosto del 2007, avevamo salutato l'approvazione della legge 123 come segnale di grande importanza dato al mondo del lavoro.
La legge, nel delegare il governo (Prodi) ad adottare “entro 9 mesi.. uno o più decreti legislativi per il riassetto e la riforma delle disposizioni vigenti in materia di salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro”, configurava un quadro di tutele più avanzato e stabiliva alcune norme immediatamente esecutive.
Di notevolissimo significato, tra queste, l'obbligo di consegna materiale di copia del DVR al Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
Il decreto legislativo n. 81 del 2008, in recepimento della delega, aveva accolto e ribadito tale obbligo in ben quattro norme, comprendendo la consegna del DUVRI: all'art 18 [Obblighi del datore di lavoro e del dirigente], comma 1, lettere o) p) e all'art. 50 [Attribuzioni del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza], commi 4 e 5.
Con l'avvento del nuovo governo e del potente nuovo ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, abbiamo assistito al sistematico tentativo di smantellare il quadro organico di riordino e coordinamento delle disposizioni vigenti , in materia di SSL, definito dal D.Lgs. 81.
Rispetto all'obbligo di consegna del DVR al RLS, l'intervento ha operato utilizzando entrambe le direttrici, amministrativa e legislativa.
L'intervento per via amministrativa ha prodotto la risposta all'interpello n. 52, in base alla quale il DVR può essere consegnato al RLS su supporto informatico utilizzabile solo su terminale video aziendale.
Quello legislativo, col D.Lgs. n.106 dello scorso 3 agosto, ha prodotto la previsione che il DVR sia da consultare esclusivamente in azienda.
Entrambe le decisioni patiscono però una contraddizione destinata a divenire oggetto di un contenzioso sul quale inevitabilmente sarà chiamata ad esprimersi la magistratura.
Tale contraddizione è rappresentata sia da un profilo di anticostituzionalità sia dalla violazione di norma comunitaria, per riduzione delle tutele. Agendo, pertanto, in violazione (per eccesso) della delega nei punti in cui questa prevede la garanzia dell'uniformità della tutela, il rispetto delle normative comunitarie e delle convenzioni internazionali in materia, l'introduzione dello strumento dell'interpello differenziandolo da quello previsto nel decreto legislativo 124/2004.
Il ricorso presentato da un RLS col sostegno della FILCAMS-CGIL di Milano contro Esselunga per la mancata consegna materiale del DVR, accolto dal giudice del lavoro, inizia a muovere nella direzione sopra indicata.
(*) in allegato, l'Approfondimento del 13 marzo 2009.
L' della sentenza della Cassazione
Una recente sentenza della Corte di Cassazione [Cass. Sezione V Penale – sentenza del 27 aprile 2009 n. 17744] riapre la discussione sulla risposta all'interpello n. 52 del 19 dicembre 2008 in relazione al quesito posto da Confcommercio: “Consegna al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza del documento di valutazione dei rischi unicamente su supporto informatico”.
Nell'approfondimento del 13 marzo avevamo accennato al problema del segreto industriale, o aziendale, come unica logica radicante la necessità che il DVR non debba “uscire” dall'azienda.
Ne avevamo pertanto criticato il carattere surrettizio e incongruente, portando a riferimento le norme del D.Lgs. 25/2007 (“Attuazione della direttiva 2002/14/CE che istituisce un quadro generale relativo all'informazione e alla consultazione [dei rappresentanti] dei lavoratori”).
Vale richiamare come l'art. 5 di tale decreto costituisca “la previsione posta a garanzia dell'effettività dei diritti” [Luciana Guaglianone: “Il problema delle informazioni riservate (art. 5 d.lgs. 25/07)”]; sia, quindi, del diritto di ricevere la informazione e di preparare/svolgere la consultazione, così come del diritto per l'impresa ad avere protette le informazioni/documentazioni che siano state “espressamente fornite in via riservata e qualificate come tali”.
Ad ulteriore protezione dell'impresa, il comma 2 dell'art. 5 prevede che: “Il datore di lavoro non è obbligato a procedere a consultazioni o a comunicare informazioni che, per comprovate esigenze tecniche, organizzative e produttive, siano di natura tale da creare notevoli difficoltà al funzionamento dell''impresa o da arrecarle danno”. Disposizione riproposta, da ultimo, nella recentissima Direttiva 2009/38/CE (1) all'art. 8, comma 2:
“2. Ciascun stato membro dispone che, nei casi specifici e nelle condizioni e limiti stabiliti dalla legislazione nazionale, la direzione centrale situata nel proprio territorio non sia obbligata a comunicare informazioni che, secondo criteri obiettivi, siano di natura tale da creare notevoli difficoltà al funzionamento delle imprese interessate o da arrecar loro danno”. (si osserva, per inciso, che l'obbligo di consultazione del RLS e l'elaborazione del Documento di valutazione dei rischi dovranno, perciò, necessariamente già aver trasceso il limite posto dal comma 2, nel senso di escludere consultazioni e le informazioni di know-how su aspetti provatamente “sensibili”; ..si dovrebbe quindi inferire la mancanza stessa della condizione alla violabilità del precetto, del divieto di rivelazione).
Ora la Suprema Corte, con la sentenza citata, interviene a ribadire che “Ai sensi dell'art. 621 del codice penale, la rivelazione del contenuto di documenti segreti costituisce reato solo se dal fatto deriva un nocumento, inteso questo come pregiudizio giuridicamente rilevante di qualsiasi natura possa derivare a colui che abbia il diritto alla segretezza dei documenti”.
Afferma cioè che anche nel caso la rivelazione riguardi contenuti espressamente qualificati come segreti, bisognerà ancora dimostrare che essa abbia prodotto un danno reale all'azienda.
Mancando questa condizione, viene a cadere la perseguibilità penale (in appendice, gli artt. 621, 622, 623 c.p.).
1). “Direttiva 2009/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 6 maggio 2009 riguardante l'istituzione di un comitato aziendale europeo o di una procedura per l'informazione e la consultazione dei lavoratori nelle imprese e nei gruppi di dimensioni comunitarie”.
La Cassazione accoglie il ricorso ex art. 606 lett. b) e) del codice di procedura penale (2).
Accoglie pienamente i primi due motivi; i quali rappresentavano la mancanza della condizione obbiettiva di punibilità, mancando sia la contestazione che il verificarsi del nocumento.
E' da rilevare che la Corte accoglie senza distinguo anche il terzo motivo del ricorrente: “sarebbe mancata anche la volontà dell'avente diritto [l'impresa] di attribuire segretezza al contenuto delle informazioni. La segretezza sarebbe stata affermata apoditticamente e mancherebbe del tutto la motivazione sul punto, così come sul valore economico dei dati, in quanto segreti”.
Ciò è di interesse in quanto, nel caso in questione, tale motivo poteva risultare meno influente rispetto ai due precedenti.
La Corte sembra voler precisamente richiamare quanto, in materia di segreto aziendale, veniva già definito dal Regio Decreto del 1939 n. 1127, all'art. 6-bis (3):
“1. ..costituisce atto di concorrenza sleale la rivelazione a terzi.. di informazioni commerciali.. ove tali informazioni:
a) siano segrete, nel senso che non siano nel loro insieme, o nella precisa configurazione e combinazione dei loro elementi , generalmente note o facilmente accessibili agli esperti ed agli operatori del settore;
b) abbiano valore economico in quanto segrete;
c) siano sottoposte, da parte delle persone al cui legittimo controllo sono soggette, a misure da ritenersi ragionevolmente adeguate a rimanere segrete.
Queste le condizioni (che devono essere tutte presenti) perché si possa parlare di “informazioni aziendali riservate”(4).
La normativa comunitaria: alcuni cenni.
Vediamo dunque che affinché possa operare la protezione di legge rispetto alle informazioni che costituiscono il patrimonio conoscitivo di un'azienda (il c.d. know-how), è necessario che esse insieme costituiscano un valore aziendale e siano mantenute segrete.
Cosa si debba intendere per lo definisce l'art. 10 del Reg. CE 96/240:
“know-how.: un insieme di informazioni tecniche segrete, sostanziali e identificate in una qualsiasi forma appropriata”.
Sempre per l'art. 10, indica che il know-how è descritto o fissato su un supporto materiale, in modo tale da permettere di verificare se esso possieda i requisiti della segretezza e della sostanzialità.
(2). art. 606 c.p.p. “Il ricorso per Cassazione può essere proposto per i seguenti motivi:
b) inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale;
e) mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi del gravame.”
(3). L'art. 6-bis è stato introdotto nel R.D. 1127/39 (c.d. Legge invenzioni) dal D.Lgs. 198/96: “Adeguamento della legislazione interna in materia di proprietà industriale alle prescrizioni obbligatorie dell'accordo relativo agli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale concernenti il commercio – Uruguay round”. Il suo contenuto è poi diventato l'oggetto della tutela di informazioni aziendali e delle esperienze tecnico-industriali, comprese quelle commerciali, previsto dall'art. 98 del D.Lgs. 10 febbraio 2005 n. 30 “Codice della proprietà industriale, a norma dell'art. 15 della legge 12 dicembre n. 273”, che ha abrogato il R.D. 1127/39.
4. definizione dell'art. 1 del D.Lgs. 30/2005 (in recepimento della delega);
Sono la Direttiva 2002/14/CE e il D.Lgs. 25/ 2007 (in attuazione della direttiva medesima) ad istituire un “quadro generale relativo all'informazione e alla consultazione [dei rappresentanti] dei lavoratori”.
A questo proposito c'è da chiedersi se la definizione di, facendo esplicito riferimento agli Accordi interconfederali di Confindustria e Confcommercio con CGIL-CISL-UIL per la costituzione delle RSU, non possa/debba comprendere anche il Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza per effetto degli A.I. 22.6.95 (Confindustria) e 18.11.96 (Confcommercio)(5).
Questo aggancio sembra peraltro prefigurato nella Carta sociale europea del 1996 (in appendice gli artt. 3, 21 e 22), successiva alla Direttiva quadro 89/391/CEE ed al suo recepimento nella legislazione nazionale col D.Lgs. 626/94 (6).
Si consideri che la stessa Direttiva 2002/14/CE, pur riferendosi all'informazione e consultazione “contrattuali”, prevede, nello spirito di “intensificare il dialogo sociale e le relazioni di fiducia nell'ambito dell'impresa”, che occorra “agevolare l'accesso dei lavoratori alla formazione nell'ambito dell'impresa in un quadro di sicurezza”(7). Né si puo' ritenere che il successivo art. 4, comma 2, lettere a) e c), debba risultare slegato dalle politiche di prevenzione in materia di salute e sicurezza sul lavoro (8).
Sembra confermare questo spirito la recente “Risoluzione del Parlamento europeo del 19 febbraio 2009 sull'applicazione della direttiva 2002/14/CE che stabilisce un quadro generale relativo all'informazione e consultazione dei lavoratori nella Comunità europea” allorquando al punto 28 afferma: “[il Parlamento] si compiace del riferimento alla consultazione inserito in merito a talune questioni, ad esempio i pericoli per la salute e la sicurezza dei lavoratori o la risoluzione anticipata di un contratto di lavoro, nell'accordo concluso dall'Associazione armatori della Comunità europea e dalla Federazione europea dei lavoratori dei trasporti sulla convenzione sul lavoro marittimo del 2006”
Se questo è il quadro logico di riferimento, dovrebbe conseguire la legittima applicabilità del D.Lgs. 25/2007, in applicazione della direttiva europea, anche alla informazione e
consultazione degli RLS, secondo le modalità e i contenuti definiti dalla contrattazione collettiva “in modo tale da garantire comunque l'efficacia dell'iniziativa, attraverso il contemperamento degli interessi dell'impresa [in questo caso a mantenere riservate alcune informazioni] con quelli dei lavoratori e la collaborazione tra datore di lavoro e rappresentanti dei lavoratori, nel rispetto dei reciproci diritti ed obblighi” (art 1, comma 2).
(5). “Accordo Interconfederale 22/6/95 di attuazione del D.L. n. 626/95, in tema di rappresentanza
dei lavoratori per la sicurezza, le sue modalità di esercizio, la formazione di detta rappresentanza e la costituzione di organismi paritetici territoriali”; “Accordo Interconfederale per il commercio 20/11/96 sui Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza”.
(6). “Direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro”.
(7). “Direttiva 2002/14/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio dell'11 marzo 2002 che istituisce un quadro generale relativo all'informazione e alla consultazione dei lavoratori”, settimo considerando.
(8). “2. L'informazione e la consultazione riguardano:
a) l'informazione sull'evoluzione recente e quella probabile delle attività dell'impresa o dello stabilimento e della situazione economica;
b) ........
c) l'informazione e la consultazione sulle decisioni suscettibili di comportare cambiamenti di rilievo
in materia di organizzazione del lavoro, nonché di contratti di lavoro, ..”.
Inoltre, se vale questo ordine di ragionamento, si dovrebbe seriamente considerare se non siano due le leggi che pongono l'obbligo di informazione e consultazione nei confronti del RLS: il D.Lgs. 25/2007 e il D.Lgs. 81/2008.
Il primo, secondo le modalità stabilite dall'art. 4 e coi limiti definiti dall'art. 5 (“Informazioni riservate”); il secondo, in base a quanto prescritto dagli artt. 18, comma 1 (“Obblighi del datore di lavoro e del dirigente”) e 50 (“Attribuzioni del Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza”). (in appendice gli art. 4 e 5; le lett. l) n) o) p) art. 18 e i commi 4, 5 e 6 art. 50).
Com'è ovvio, sovraordinata resta pur sempre la norma dettata dall'ordinamento primo, l'articolo 32 della Costituzione: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività”.
In quanto sancita come bene/diritto indisponibile, la [difesa della] salute risulterebbe, in via di principio, comunque prevalente rispetto al dovere di riservatezza. Come peraltro stabilito anche dall'articolo 41 Cost., laddove afferma che la libera iniziativa privata non possa svolgersi in in contrasto con l'utilità sociale [salute come interesse della collettività] o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità della persona [salute come fondamentale diritto dell'individuo].
L'aggiramento della delega
Quanto fin qui prospettato, prova a chiarificare le relazioni tra il diritto/dovere alla riservatezza e quello alla trasmissione di informazioni (nel caso, la consegna del DVR).
Si tratta ora di considerare il contenuto dell'interpello n. 52, per verificarne la coerenza con la norma di legge.
Non si può, per intanto, sottacere che il pronunciamento del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali – Direzione generale per l'attività ispettiva, si muove sia in violazione della delega contenuta nella legge 123 del 3 agosto 2007 (9) all'art.1, comma 2, lettera v): “introduzione dello strumento dell'interpello.. relativamente a quesiti di di ordine generale sulla normativa di salute e sicurezza sul lavoro, individuando il soggetto titolare competente a fornire la risposta”, sia in violazione del decreto attuativo 81/08, art. 1, comma 2 (10). Al punto da porre ancora a suo oggetto l'art. 9 del D.Lgs. 124/2004 (11).
E' pur vero che dal 2004 ad oggi “l'impropria funzione” denunciata dalla Conferenza delle Regioni è stata esercitata altre volte rispetto alla materia di salute e
sicurezza sul lavoro (12).
Ma, all'epoca, non erano vigenti né la legge 123, né il decreto 81! (13)
9). “Misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia”.
(10), (11). vedi approfondimento del 13 marzo 2009
(12). interpelli in materia di SSL:
3 marzo 2008 su: Possesso dei requisiti e delle capacità professionali per il datore di lavoro che intenda svolgere direttamente il compito di RSPP;
17 sett. 2007 su: Obblighi del somministratore in materia di effettuazione della valutazione dei rischi da parte dell'utilizzatore;
23 febbr. 2006 su: Facoltà da parte del medico competente di farsi assistere da altri medici specialistici (ASCOM Forlì);
22 dic. 2005 su: Facoltà da parte di una struttura privata convenzionata con un datore di lavoro per la fornitura di servizi di medicina del lavoro, di avvalersi dell'opera di un medico competente esterno alla struttura (ASCOM Forlì).
(13). fa eccezione il solo interpello n. 5 del 3 marzo 2008; tuttavia esso non è incoerente rispetto alla legge del 2007 poiché essa delegava l'individuazione del “soggetto titolare a fornire la risposta”. Tale soggetto titolato sarà quello previsto, poi, dal D.Lgs. 81, art.12, comma 2, nella composizione ivi stabilita.
A margine è da rilevare che le istanze di interpello, facendo riferimento all'articolo 9 del D.Lgs. 124/2004, venivano allora presentate anche da Associazioni sindacali datoriali di livello territoriale; cosa non più consentita dal comma 1 dell'art. 12 D.Lgs. 81/08.
I margini di applicabilità dell'interpello n. 52
Ciò premesso, va riconosciuto che la pronuncia risulta corretta e condivisibile laddove:
a- riconosce e conferma l'obbligo di consegna del DVR;
b- stabilisce la connessione dell'art. 53, commi 1 e 5 (14) con l'art. 18, comma 1, lettera o) del D.Lgs. 81.
In effetti la consegna del DVR viene “comunque garantita mediante consegna dello stesso su supporto informatico, anche se utilizzabile solo su terminale video”.
A partire da qui, però, cominciano le problematicità.
E' anzitutto opportuno ricordare che la querelle sull'obbligo o meno di consegna materiale del DVR, era stata innescata dalla duplice, infelice formulazione dell'art. 19 del D.Lgs. 626/94. Il quale articolo recitava, al comma 1, lettera e): “ [il RLS] riceve le informazioni e la documentazione aziendale inerente la valutazione dei rischi e le misure di prevenzione relative,..” mentre al comma 5 prevedeva che “il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ha accesso, per l'espletamento della sua funzione, al documento.. [DVR], nonché al registro degli infortuni sul lavoro..”.
Le Associazioni datoriali (Confindustria in primis) avevano quindi interpretato come assolvimento dell'obbligo la messa a disposizione del DVR per la consultazione in azienda.
La sorta di paralogismo applicato, suonava più o meno così: il RLS riceve le informazioni e la documentazione avendone accesso:
Il decreto 81 ha tagliato il nodo gordiano, stabilendo inequivocabilmente che al RLS debba venir tempestivamente consegnato il DVR.
Eppure ancora una volta, ignorando qualsiasi spirito collaborativo, si è ricorsi a pretestuosità: “é vero che legge stabilisce l'obbligo di consegna del DVR ma non dice che esso debba uscire dall'azienda ; perciò ( sostiene l'azienda che ha
informato l'istanza di
di Confcommercio) io ti faccio accedere a un terminale di sola lettura”.
Ciò -che pure avviene nella pratica di significative realtà aziendali- si pone paradossalmente in contrasto sia con l'art. 53 del decreto 81 sia con lo stesso parere espresso dall'interpello n. 52.
Infatti l'art. 53, comma 2, lettera e), prevede:
“2. La modalità di memorizzazione dei dati di accesso al sistema di gestione [informatica] della predetta documentazione devono essere tali da assicurare che:
e) sia possibile riprodurre su supporti a stampa, sulla base dei singoli documenti, ove previsti dal presente decreto legislativo, le informazioni contenute nei supporti di memoria”.
L'interpello n. 52, per suo conto, NON dice che il terminale video debba essere di sola lettura.
Se lo affermasse “si ritornerebbe nella previsione della precedente norma [art. 19 del 626] che consentiva modalità alternative di accesso” [Maria Capozzi: L'interpello sul documento di valutazione dei rischi]. La qual cosa è oggi impedita dall'assertività degli artt. 18, comma 1, lettere o) e p) e 50, commi 4 e 5.
14). “1. E' consentito l'impiego di sistemi di elaborazione automatica dei dati per la memorizzazione di qualunque tipo di documentazione prevista dal presente decreto legislativo.”
“5. Tutta la documentazione rilevante in materia di igiene, salute e sicurezza sul lavoro e tutela delle condizioni di lavoro può essere tenuta su unico supporto cartaceo o informatico. ..”
Parla invece, correttamente, di “pc portatile, connesso con la rete aziendale” che consenta “la disponibilità del documento in qualsiasi momento ed in qualsiasi area all'interno dei locali aziendali”.
Davvero difficile sostenere che ciò non debba consentire al RLS di poter “lavorare” sul DVR, selezionando, stampando o estraendo copia (ad es. su chiavetta) così che non venga pregiudicato “lo svolgimento effettivo delle funzioni del rls”.
Si deve anzi ritenere che far salva questa facoltà per il RLS, rappresenti interpretazione lineare e coerente dell'interpello 52.
Conclusioni
Se tuttavia tale facoltà non venisse riconosciuta dal datore di lavoro, nulla vieta che il RLS proceda a una copiatura, manuale o su nastro magnetico, del DVR: in toto o nelle parti che egli, di volta in volta, ritenga necessarie. Nulla vieta al RLS di rivolgere al datore di lavoro richiesta formale di poter disporre dei mezzi (art. 50, comma 2) per poter estrarre copia del DVR. Nulla vieta al RLS di rivolgersi all'Organismo di vigilanza territorialmente competente (art. 50, comma 1, lettera o) ).
Su questi aspetti non bisogna temere il “contenzioso”; contenzioso che mai, d'altronde, è stato posto -in vigenza del 626- circa gli appunti molto, molto puntuali di alcuni RLS.
Anzi, di fronte alla caduta di significato della le aziende avevano poi provveduto alla consegna in copia cartacea del documento.
Buon lavoro
Brescia 27 giugno 2009 Dipartimento Salute Sicurezza Ambiente
Camera del Lavoro di Brescia
P.S. 24 agosto - L'approvazione, e ormai la vigenza, del D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106 [“Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”] prevede ora, all'art. 18, comma 1, lett. o), che “il documento è consultato esclusivamente in azienda;”.
Dato l'attuale governo e l'attuale ministro, risulta difficile pensare a una -pur possibile- modifica della norma. Ciò, tuttavia, non impedisce di cominciare a studiare il modo (come ha fatto Confindustria il giorno successivo all'emanazione del Testo unico) per superarla nella pratica. La contrattazione aziendale è destinata, in questo senso, ad avere un ruolo decisivo. La legge infatti non vieta l'acquisizione (per usare il linguaggio della Direttiva 89/391/CE) di condizioni più favorevoli alla protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro.
Si tenga anche conto che la norma in oggetto presenta, ad oggi, due aspetti sensibilmente problematici:
a) significa forse che l'organismo di vigilanza, in funzione ispettiva, può solo consultare il documento all'interno dell'azienda?
b) significa forse che l'azienda, con più di 10 lavoratori, più non adempie al dovere di consultazione/documentazione inviando al RLST, presso l'Organismo Paritetico Territoriale, copia del documento?
Non si mettono così in discussione due principi generali della delega, ovvero la garanzia della “uniformità della tutela” e la non-riduzione “dei diritti e delle prerogative dei lavoratori e delle loro rappresentanze”?
Codice penale
Art. 44
Condizione obiettiva di punibilità
Quando, per la punibilità del reato, la legge richiede il verificarsi di una condizione, il colpevole risponde del reato, anche se l'evento, da cui dipende il verificarsi della condizione, non è da lui voluto.
Art. 621
Rivelazione del contenuto di documenti segreti
Chiunque, essendo venuto abusivamente a cognizione del contenuto, che debba rimanere segreto, di altrui atti o documenti, pubblici o privati, non costituenti corrispondenza, lo rivela, senza giusta causa, ovvero lo impiega a proprio o altrui profitto, è punito, se dal fatto deriva nocumento, con la reclusione fino a tre anni o con la multa da euro 103 a euro 1.032.
Agli effetti della disposizione di cui al primo comma è considerato documento anche qualunque supporto informatico contenente dati, informazioni e programmi.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa.
Art. 622
Rivelazione di segreto professionale
Chiunque, avendo notizia, per ragione del proprio stato o ufficio, o della propria professione o arte, di un segreto, lo rivela, senza giusta causa, ovvero lo impiega a proprio o altrui profitto, è punito, se dal fatto può derivare nocumento, con la reclusione fino a un anno o con la multa da euro 30 a euro 516.
La pena è aggravata se il fatto è commesso da amministratori, direttori generali, sindaci o liquidatori o se è commesso da chi svolge la revisione contabile della società.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa.
Art. 623
Rivelazione di segreti scientifici o industriali
Chiunque, venuto a conoscenza per ragione del suo stato o ufficio, o della sua professione o arte, di notizie destinate a rimanere segrete, sopra scoperte o invenzioni scientifiche o applicazioni industriali, le rivela o le impiega a proprio o altrui profitto, è punito con la reclusione fino a due anni.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa.
Codice civile
Art. 2105
Obbligo di fedeltà
Il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l'imprenditore, né divulgare notizie attinenti all'organizzazione del lavoro e ai metodi di produzione dell'impresa, o farne uso in modo da arrecare ad essa pregiudizio.
Carta sociale europea (riveduta) Strasburgo, 3 maggio 1996
Articolo 3 – Diritto alla sicurezza e all'igiene sul lavoro
Per garantire l'effettivo esercizio del diritto alla sicurezza e all'igiene sul lavoro, le Parti si impegnano, in consultazione con le organizzazioni di datori di lavoro e di lavoratori:
1. a definire, attuare e riesaminare periodicamente una politica nazionale coerente in materia di sicurezza, di salute dei lavoratori e dell'ambiente di lavoro. Questa politica avrà come scopo fondamentale di migliorare la sicurezza e l'igiene professionale e di prevenire gli incidenti ed i danni alla salute che derivano dal lavoro, sono legati al lavoro o sopravvengono durante il lavoro, in particolare riducendo al minimo le cause di pericoli inerenti all'ambiente di lavoro;
2. a promulgare regolamenti di sicurezza e d'igiene;
3. a promulgare misure di controllo sull'applicazione di questi regolamenti;
4. a promuovere l'istituzione progressiva sul lavoro di servizi sanitari con funzioni
sostanzialmente preventive e di consulenza di tutti i lavoratori.
Articolo 21 – Diritto alla informazione e alla consultazione
Per assicurare l'effettivo esercizio del diritto dei lavoratori all'informazione e alla consultazione in seno all'impresa, le Parti si impegnano a prendere o a promuovere misure che consentano ai lavoratori o ai loro rappresentanti, in conformità con la legislazione e la prassi nazionale:
a. di essere regolarmente o tempestivamente informati in maniera comprensibile, della situazione economica e finanziaria dell'impresa che li ha assunti, fermo restando che potrà essere negata la divulgazione di talune informazioni suscettibili di recare pregiudizio all'impresa o che potrà essere richiesto che tali informazioni siano considerate riservate;
b. di essere consultati in tempo utile sulle decisioni previste che potrebbero pregiudicare sostanzialmente gli interessi dei lavoratori, in particolare quelle che potrebbero avere conseguenze importanti sulla situazione del lavoro nell'impresa.
Articolo 22 – Diritto di partecipare alla determinazione ed al miglioramento delle condizioni di lavoro e dell'ambiente di lavoro
Per assicurare l'effettivo esercizio del diritto dei lavoratori di partecipare alla determinazione ed al miglioramento delle condizioni di lavoro e dell'ambiente di lavoro nell'impresa, le Parti s'impegnano a prendere o a promuovere misure che consentano ai lavoratori o ai loro rappresentanti, in conformità con la legislazione e la prassi nazionale, di contribuire:
a. alla determinazione ed al miglioramento delle condizioni di lavoro, dell'organizzazione del lavoro e dell'ambiente di lavoro;
b. alla protezione della salute e della sicurezza in seno all'impresa
c. al controllo dell'osservanza della regolamentazione in queste materie.
Decreto Legislativo 6 febbraio 2007 n. 25
Art. 4
Modalità dell'informazione e della consultazione
1. Nel rispetto dei principali enunciati dell'art. 1, ferme restando le eventuali prassi più favorevoli per i lavoratori, i contratti collettivi definiscono le sedi, i tempi, i soggetti, le modalità ed i contenuti dei diritti di informazione e consultazione riconosciuti ai lavoratori.
2. Sono fatti salvi i contratti collettivi esistenti alla data di sottoscrizione del presente decreto legislativo.
3. L'informazione e la consultazione riguardano:
a) l'andamento recente e quello prevedibile dell'attività dell'impresa, nonché la sua situazione economica;
b) la situazione, la struttura e l'andamento prevedibile dell'occupazione nell'impresa, nonché, in caso di rischio per i livelli occupazionali, le relative misure di contrasto;
c) le decisioni dell'impresa che siano suscettibili di comportare rilevanti cambiamenti nell'organizzazione del lavoro, dei contratti di lavoro, anche nelle ipotesi di cui all'art. 7, comma 1.
4. L'informazione avviene secondo modalità di tempo e contenuto appropriate allo scopo ed in modo da permettere ai rappresentanti dei lavoratori di procedere ad un esame adeguato delle informazioni fornite e preparare , se del caso, la consultazione.
5. La consultazione avviene:
a) secondo modalità di tempo e contenuto adeguate allo scopo;
b) tra livelli pertinenti di direzione e rappresentanza, in funzione dell'argomento trattato;
c) sulla base delle informazioni di cui all'art, 2, comma 1, lettera e) [“: ogni trasmissione di dati dal parte del datore di lavoro ai rappresentanti dei lavoratori, finalizzata alla conoscenza ed all'esame di questioni attinenti alla attività della impresa;”] fornite dal datore di lavoro e del parere che i rappresentanti dei lavoratori hanno diritto di formulare;
d) in modo tale da permettere ai rappresentanti dei lavoratori di incontrare il datore di lavoro e di ottenere una risposta motivata all'eventuale parere espresso;
e) al fine di ricercare un accordo sulle decisioni del datore di lavoro, quale individuato dall'art. 2, comma 1, lettera b).
Art. 5
Informazioni riservate
1. I rappresentanti dei lavoratori, nonché gli esperti che eventualmente li assistono, non sono autorizzati a rivelare, né ai lavoratori né a terzi, informazioni che siano state loro espressamente fornite in via riservata e qualificate come tali dal datore di lavoro o dai suoi rappresentanti, nel legittimo interesse dell'impresa. .. In caso di violazione del divieto, fatta salva la responsabilità civile, si applicano i provvedimenti disciplinari stabiliti dai contratti collettivi applicati.
2. Il datore di lavoro non è obbligato a procedere a consultazioni o a comunicare informazioni che, per comprovate esigenze tecniche, organizzative e produttive siano di natura tale da creare notevoli difficoltà al funzionamento dell'impresa o da arrecarle danno.
3. I contratti nazionali di lavoro prevedono la costituzione di una commissione di conciliazione per le contestazioni relative alla natura riservata delle notizie fornite e qualificate come tali, nonché per la concreta determinazione delle esigenze tecniche, organizzative e produttive per l'individuazione delle informazioni suscettibili di creare notevoli difficoltà al funzionamento della impresa interessata o da arrecarle danno: I contratti collettivi determinano, altresì, la composizione e le modalità di funzionamento della commissione di conciliazione.
4. Resta ferma l'applicabilità della disciplina a tutela dei dati personali, prevista dal decreto legislativo 30 giugno 2003 n. 196.
Art. 6
Tutela dei rappresentanti dei lavoratori
1. I rappresentanti dei lavoratori fruiscono, nell'esercizio delle loro funzioni della stessa protezione e delle stesse garanzie previste per i rappresentanti dei lavoratori dalla normativa vigente ovvero dagli accordi e contratti collettivi applicati, sufficienti a permettere loro di realizzare in modo adeguato i compiti che sono loro stati affidati.
Decreto Legislativo 9 aprile 2008 n. 81
Art. 18
Obblighi del datore di lavoro e del dirigente
l) adempiere agli obblighi di informazione, formazione e addestramento di cui agli art. 36 e 37;
n) consentire ai lavoratori di verificare, mediante il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, l'applicazione delle misure di sicurezza e di protezione della salute;
o) consegnare tempestivamente al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, su richiesta di questi e per l'espletamento della sua funzione, copia del documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a) [DVR], nonché consentire al medesimo rappresentante di accedere ai dati di cui alla lettera r) [infortuni];
p) elaborare il documento di cui all'articolo 26, comma 3 [DUVRI], e, su richiesta di questi e per l'espletamento della sua funzione, consegnarne tempestivamente copia ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
Art. 50
Attribuzioni del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza
4. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, su sua richiesta e per l'espletamento della sua funzione, riceve copia del documento di cui all'art. 17, comma 1, lettera a).
5. I rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza rispettivamente del datore di lavoro committente e delle imprese appaltatrici, su loro richiesta e per l'espletamento della loro funzione, ricevono copia del documento di valutazione dei rischi [da interferenze] di cui all'articolo 26, comma 3.
6. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza è tenuto al rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 e del segreto industriale relativamente alle informazioni contenute nel documento di valutazione dei rischi.. nonché al segreto in ordine ai processi lavorativi di cui venga a conoscenza nell'esercizio delle funzioni.
Premessa
Nell'agosto del 2007, avevamo salutato l'approvazione della legge 123 come segnale di grande importanza dato al mondo del lavoro.
La legge, nel delegare il governo (Prodi) ad adottare “entro 9 mesi.. uno o più decreti legislativi per il riassetto e la riforma delle disposizioni vigenti in materia di salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro”, configurava un quadro di tutele più avanzato e stabiliva alcune norme immediatamente esecutive.
Di notevolissimo significato, tra queste, l'obbligo di consegna materiale di copia del DVR al Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
Il decreto legislativo n. 81 del 2008, in recepimento della delega, aveva accolto e ribadito tale obbligo in ben quattro norme, comprendendo la consegna del DUVRI: all'art 18 [Obblighi del datore di lavoro e del dirigente], comma 1, lettere o) p) e all'art. 50 [Attribuzioni del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza], commi 4 e 5.
Con l'avvento del nuovo governo e del potente nuovo ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, abbiamo assistito al sistematico tentativo di smantellare il quadro organico di riordino e coordinamento delle disposizioni vigenti , in materia di SSL, definito dal D.Lgs. 81.
Rispetto all'obbligo di consegna del DVR al RLS, l'intervento ha operato utilizzando entrambe le direttrici, amministrativa e legislativa.
L'intervento per via amministrativa ha prodotto la risposta all'interpello n. 52, in base alla quale il DVR può essere consegnato al RLS su supporto informatico utilizzabile solo su terminale video aziendale.
Quello legislativo, col D.Lgs. n.106 dello scorso 3 agosto, ha prodotto la previsione che il DVR sia da consultare esclusivamente in azienda.
Entrambe le decisioni patiscono però una contraddizione destinata a divenire oggetto di un contenzioso sul quale inevitabilmente sarà chiamata ad esprimersi la magistratura.
Tale contraddizione è rappresentata sia da un profilo di anticostituzionalità sia dalla violazione di norma comunitaria, per riduzione delle tutele. Agendo, pertanto, in violazione (per eccesso) della delega nei punti in cui questa prevede la garanzia dell'uniformità della tutela, il rispetto delle normative comunitarie e delle convenzioni internazionali in materia, l'introduzione dello strumento dell'interpello differenziandolo da quello previsto nel decreto legislativo 124/2004.
Il ricorso presentato da un RLS col sostegno della FILCAMS-CGIL di Milano contro Esselunga per la mancata consegna materiale del DVR, accolto dal giudice del lavoro, inizia a muovere nella direzione sopra indicata.
(*) in allegato, l'Approfondimento del 13 marzo 2009.
L'
Una recente sentenza della Corte di Cassazione [Cass. Sezione V Penale – sentenza del 27 aprile 2009 n. 17744] riapre la discussione sulla risposta all'interpello n. 52 del 19 dicembre 2008 in relazione al quesito posto da Confcommercio: “Consegna al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza del documento di valutazione dei rischi unicamente su supporto informatico”.
Nell'approfondimento del 13 marzo avevamo accennato al problema del segreto industriale, o aziendale, come unica logica radicante la necessità che il DVR non debba “uscire” dall'azienda.
Ne avevamo pertanto criticato il carattere surrettizio e incongruente, portando a riferimento le norme del D.Lgs. 25/2007 (“Attuazione della direttiva 2002/14/CE che istituisce un quadro generale relativo all'informazione e alla consultazione [dei rappresentanti] dei lavoratori”).
Vale richiamare come l'art. 5 di tale decreto costituisca “la previsione posta a garanzia dell'effettività dei diritti” [Luciana Guaglianone: “Il problema delle informazioni riservate (art. 5 d.lgs. 25/07)”]; sia, quindi, del diritto di ricevere la informazione e di preparare/svolgere la consultazione, così come del diritto per l'impresa ad avere protette le informazioni/documentazioni che siano state “espressamente fornite in via riservata e qualificate come tali”.
Ad ulteriore protezione dell'impresa, il comma 2 dell'art. 5 prevede che: “Il datore di lavoro non è obbligato a procedere a consultazioni o a comunicare informazioni che, per comprovate esigenze tecniche, organizzative e produttive, siano di natura tale da creare notevoli difficoltà al funzionamento dell''impresa o da arrecarle danno”. Disposizione riproposta, da ultimo, nella recentissima Direttiva 2009/38/CE (1) all'art. 8, comma 2:
“2. Ciascun stato membro dispone che, nei casi specifici e nelle condizioni e limiti stabiliti dalla legislazione nazionale, la direzione centrale situata nel proprio territorio non sia obbligata a comunicare informazioni che, secondo criteri obiettivi, siano di natura tale da creare notevoli difficoltà al funzionamento delle imprese interessate o da arrecar loro danno”. (si osserva, per inciso, che l'obbligo di consultazione del RLS e l'elaborazione del Documento di valutazione dei rischi dovranno, perciò, necessariamente già aver trasceso il limite posto dal comma 2, nel senso di escludere consultazioni e le informazioni di know-how su aspetti provatamente “sensibili”; ..si dovrebbe quindi inferire la mancanza stessa della condizione alla violabilità del precetto, del divieto di rivelazione).
Ora la Suprema Corte, con la sentenza citata, interviene a ribadire che “Ai sensi dell'art. 621 del codice penale, la rivelazione del contenuto di documenti segreti costituisce reato solo se dal fatto deriva un nocumento, inteso questo come pregiudizio giuridicamente rilevante di qualsiasi natura possa derivare a colui che abbia il diritto alla segretezza dei documenti”.
Afferma cioè che anche nel caso la rivelazione riguardi contenuti espressamente qualificati come segreti, bisognerà ancora dimostrare che essa abbia prodotto un danno reale all'azienda.
Mancando questa condizione, viene a cadere la perseguibilità penale (in appendice, gli artt. 621, 622, 623 c.p.).
1). “Direttiva 2009/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 6 maggio 2009 riguardante l'istituzione di un comitato aziendale europeo o di una procedura per l'informazione e la consultazione dei lavoratori nelle imprese e nei gruppi di dimensioni comunitarie”.
La Cassazione accoglie il ricorso ex art. 606 lett. b) e) del codice di procedura penale (2).
Accoglie pienamente i primi due motivi; i quali rappresentavano la mancanza della condizione obbiettiva di punibilità, mancando sia la contestazione che il verificarsi del nocumento.
E' da rilevare che la Corte accoglie senza distinguo anche il terzo motivo del ricorrente: “sarebbe mancata anche la volontà dell'avente diritto [l'impresa] di attribuire segretezza al contenuto delle informazioni. La segretezza sarebbe stata affermata apoditticamente e mancherebbe del tutto la motivazione sul punto, così come sul valore economico dei dati, in quanto segreti”.
Ciò è di interesse in quanto, nel caso in questione, tale motivo poteva risultare meno influente rispetto ai due precedenti.
La Corte sembra voler precisamente richiamare quanto, in materia di segreto aziendale, veniva già definito dal Regio Decreto del 1939 n. 1127, all'art. 6-bis (3):
“1. ..costituisce atto di concorrenza sleale la rivelazione a terzi.. di informazioni commerciali.. ove tali informazioni:
a) siano segrete, nel senso che non siano nel loro insieme, o nella precisa configurazione e combinazione dei loro elementi , generalmente note o facilmente accessibili agli esperti ed agli operatori del settore;
b) abbiano valore economico in quanto segrete;
c) siano sottoposte, da parte delle persone al cui legittimo controllo sono soggette, a misure da ritenersi ragionevolmente adeguate a rimanere segrete.
Queste le condizioni (che devono essere tutte presenti) perché si possa parlare di “informazioni aziendali riservate”(4).
La normativa comunitaria: alcuni cenni.
Vediamo dunque che affinché possa operare la protezione di legge rispetto alle informazioni che costituiscono il patrimonio conoscitivo di un'azienda (il c.d. know-how), è necessario che esse insieme costituiscano un valore aziendale e siano mantenute segrete.
Cosa si debba intendere per
“know-how.: un insieme di informazioni tecniche segrete, sostanziali e identificate in una qualsiasi forma appropriata”.
Sempre per l'art. 10,
(2). art. 606 c.p.p. “Il ricorso per Cassazione può essere proposto per i seguenti motivi:
b) inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale;
e) mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi del gravame.”
(3). L'art. 6-bis è stato introdotto nel R.D. 1127/39 (c.d. Legge invenzioni) dal D.Lgs. 198/96: “Adeguamento della legislazione interna in materia di proprietà industriale alle prescrizioni obbligatorie dell'accordo relativo agli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale concernenti il commercio – Uruguay round”. Il suo contenuto è poi diventato l'oggetto della tutela di informazioni aziendali e delle esperienze tecnico-industriali, comprese quelle commerciali, previsto dall'art. 98 del D.Lgs. 10 febbraio 2005 n. 30 “Codice della proprietà industriale, a norma dell'art. 15 della legge 12 dicembre n. 273”, che ha abrogato il R.D. 1127/39.
4. definizione dell'art. 1 del D.Lgs. 30/2005 (in recepimento della delega);
Sono la Direttiva 2002/14/CE e il D.Lgs. 25/ 2007 (in attuazione della direttiva medesima) ad istituire un “quadro generale relativo all'informazione e alla consultazione [dei rappresentanti] dei lavoratori”.
A questo proposito c'è da chiedersi se la definizione di
Questo aggancio sembra peraltro prefigurato nella Carta sociale europea del 1996 (in appendice gli artt. 3, 21 e 22), successiva alla Direttiva quadro 89/391/CEE ed al suo recepimento nella legislazione nazionale col D.Lgs. 626/94 (6).
Si consideri che la stessa Direttiva 2002/14/CE, pur riferendosi all'informazione e consultazione “contrattuali”, prevede, nello spirito di “intensificare il dialogo sociale e le relazioni di fiducia nell'ambito dell'impresa”, che occorra “agevolare l'accesso dei lavoratori alla formazione nell'ambito dell'impresa in un quadro di sicurezza”(7). Né si puo' ritenere che il successivo art. 4, comma 2, lettere a) e c), debba risultare slegato dalle politiche di prevenzione in materia di salute e sicurezza sul lavoro (8).
Sembra confermare questo spirito la recente “Risoluzione del Parlamento europeo del 19 febbraio 2009 sull'applicazione della direttiva 2002/14/CE che stabilisce un quadro generale relativo all'informazione e consultazione dei lavoratori nella Comunità europea” allorquando al punto 28 afferma: “[il Parlamento] si compiace del riferimento alla consultazione inserito in merito a talune questioni, ad esempio i pericoli per la salute e la sicurezza dei lavoratori o la risoluzione anticipata di un contratto di lavoro, nell'accordo concluso dall'Associazione armatori della Comunità europea e dalla Federazione europea dei lavoratori dei trasporti sulla convenzione sul lavoro marittimo del 2006”
Se questo è il quadro logico di riferimento, dovrebbe conseguire la legittima applicabilità del D.Lgs. 25/2007, in applicazione della direttiva europea, anche alla informazione e
consultazione degli RLS, secondo le modalità e i contenuti definiti dalla contrattazione collettiva “in modo tale da garantire comunque l'efficacia dell'iniziativa, attraverso il contemperamento degli interessi dell'impresa [in questo caso a mantenere riservate alcune informazioni] con quelli dei lavoratori e la collaborazione tra datore di lavoro e rappresentanti dei lavoratori, nel rispetto dei reciproci diritti ed obblighi” (art 1, comma 2).
(5). “Accordo Interconfederale 22/6/95 di attuazione del D.L. n. 626/95, in tema di rappresentanza
dei lavoratori per la sicurezza, le sue modalità di esercizio, la formazione di detta rappresentanza e la costituzione di organismi paritetici territoriali”; “Accordo Interconfederale per il commercio 20/11/96 sui Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza”.
(6). “Direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro”.
(7). “Direttiva 2002/14/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio dell'11 marzo 2002 che istituisce un quadro generale relativo all'informazione e alla consultazione dei lavoratori”, settimo considerando.
(8). “2. L'informazione e la consultazione riguardano:
a) l'informazione sull'evoluzione recente e quella probabile delle attività dell'impresa o dello stabilimento e della situazione economica;
b) ........
c) l'informazione e la consultazione sulle decisioni suscettibili di comportare cambiamenti di rilievo
in materia di organizzazione del lavoro, nonché di contratti di lavoro, ..”.
Inoltre, se vale questo ordine di ragionamento, si dovrebbe seriamente considerare se non siano due le leggi che pongono l'obbligo di informazione e consultazione nei confronti del RLS: il D.Lgs. 25/2007 e il D.Lgs. 81/2008.
Il primo, secondo le modalità stabilite dall'art. 4 e coi limiti definiti dall'art. 5 (“Informazioni riservate”); il secondo, in base a quanto prescritto dagli artt. 18, comma 1 (“Obblighi del datore di lavoro e del dirigente”) e 50 (“Attribuzioni del Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza”). (in appendice gli art. 4 e 5; le lett. l) n) o) p) art. 18 e i commi 4, 5 e 6 art. 50).
Com'è ovvio, sovraordinata resta pur sempre la norma dettata dall'ordinamento primo, l'articolo 32 della Costituzione: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività”.
In quanto sancita come bene/diritto indisponibile, la [difesa della] salute risulterebbe, in via di principio, comunque prevalente rispetto al dovere di riservatezza. Come peraltro stabilito anche dall'articolo 41 Cost., laddove afferma che la libera iniziativa privata non possa svolgersi in in contrasto con l'utilità sociale [salute come interesse della collettività] o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità della persona [salute come fondamentale diritto dell'individuo].
L'aggiramento della delega
Quanto fin qui prospettato, prova a chiarificare le relazioni tra il diritto/dovere alla riservatezza e quello alla trasmissione di informazioni (nel caso, la consegna del DVR).
Si tratta ora di considerare il contenuto dell'interpello n. 52, per verificarne la coerenza con la norma di legge.
Non si può, per intanto, sottacere che il pronunciamento del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali – Direzione generale per l'attività ispettiva, si muove sia in violazione della delega contenuta nella legge 123 del 3 agosto 2007 (9) all'art.1, comma 2, lettera v): “introduzione dello strumento dell'interpello.. relativamente a quesiti di di ordine generale sulla normativa di salute e sicurezza sul lavoro, individuando il soggetto titolare competente a fornire la risposta”, sia in violazione del decreto attuativo 81/08, art. 1, comma 2 (10). Al punto da porre ancora a suo oggetto l'art. 9 del D.Lgs. 124/2004 (11).
E' pur vero che dal 2004 ad oggi “l'impropria funzione
sicurezza sul lavoro (12).
Ma, all'epoca, non erano vigenti né la legge 123, né il decreto 81! (13)
9). “Misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia”.
(10), (11). vedi approfondimento del 13 marzo 2009
(12). interpelli in materia di SSL:
3 marzo 2008 su: Possesso dei requisiti e delle capacità professionali per il datore di lavoro che intenda svolgere direttamente il compito di RSPP;
17 sett. 2007 su: Obblighi del somministratore in materia di effettuazione della valutazione dei rischi da parte dell'utilizzatore;
23 febbr. 2006 su: Facoltà da parte del medico competente di farsi assistere da altri medici specialistici (ASCOM Forlì);
22 dic. 2005 su: Facoltà da parte di una struttura privata convenzionata con un datore di lavoro per la fornitura di servizi di medicina del lavoro, di avvalersi dell'opera di un medico competente esterno alla struttura (ASCOM Forlì).
(13). fa eccezione il solo interpello n. 5 del 3 marzo 2008; tuttavia esso non è incoerente rispetto alla legge del 2007 poiché essa delegava l'individuazione del “soggetto titolare a fornire la risposta”. Tale soggetto titolato sarà quello previsto, poi, dal D.Lgs. 81, art.12, comma 2, nella composizione ivi stabilita.
A margine è da rilevare che le istanze di interpello, facendo riferimento all'articolo 9 del D.Lgs. 124/2004, venivano allora presentate anche da Associazioni sindacali datoriali di livello territoriale; cosa non più consentita dal comma 1 dell'art. 12 D.Lgs. 81/08.
I margini di applicabilità dell'interpello n. 52
Ciò premesso, va riconosciuto che la pronuncia risulta corretta e condivisibile laddove:
a- riconosce e conferma l'obbligo di consegna del DVR;
b- stabilisce la connessione dell'art. 53, commi 1 e 5 (14) con l'art. 18, comma 1, lettera o) del D.Lgs. 81.
In effetti la consegna del DVR viene “comunque garantita mediante consegna dello stesso su supporto informatico, anche se utilizzabile solo su terminale video”.
A partire da qui, però, cominciano le problematicità.
E' anzitutto opportuno ricordare che la querelle sull'obbligo o meno di consegna materiale del DVR, era stata innescata dalla duplice, infelice formulazione dell'art. 19 del D.Lgs. 626/94. Il quale articolo recitava, al comma 1, lettera e): “ [il RLS] riceve le informazioni e la documentazione aziendale inerente la valutazione dei rischi e le misure di prevenzione relative,..” mentre al comma 5 prevedeva che “il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ha accesso, per l'espletamento della sua funzione, al documento.. [DVR], nonché al registro degli infortuni sul lavoro..”.
Le Associazioni datoriali (Confindustria in primis) avevano quindi interpretato come assolvimento dell'obbligo la messa a disposizione del DVR per la consultazione in azienda.
La sorta di paralogismo applicato, suonava più o meno così: il RLS riceve le informazioni e la documentazione avendone accesso:
Il decreto 81 ha tagliato il nodo gordiano, stabilendo inequivocabilmente che al RLS debba venir tempestivamente consegnato il DVR.
Eppure ancora una volta, ignorando qualsiasi spirito collaborativo, si è ricorsi a pretestuosità: “é vero che legge stabilisce l'obbligo di consegna del DVR ma non dice che esso debba uscire dall'azienda ; perciò ( sostiene l'azienda che ha
informato l'istanza di
di Confcommercio) io ti faccio accedere a un terminale di sola lettura”.
Ciò -che pure avviene nella pratica di significative realtà aziendali- si pone paradossalmente in contrasto sia con l'art. 53 del decreto 81 sia con lo stesso parere espresso dall'interpello n. 52.
Infatti l'art. 53, comma 2, lettera e), prevede:
“2. La modalità di memorizzazione dei dati di accesso al sistema di gestione [informatica] della predetta documentazione devono essere tali da assicurare che:
e) sia possibile riprodurre su supporti a stampa, sulla base dei singoli documenti, ove previsti dal presente decreto legislativo, le informazioni contenute nei supporti di memoria”.
L'interpello n. 52, per suo conto, NON dice che il terminale video debba essere di sola lettura.
Se lo affermasse “si ritornerebbe nella previsione della precedente norma [art. 19 del 626] che consentiva modalità alternative di accesso” [Maria Capozzi: L'interpello sul documento di valutazione dei rischi]. La qual cosa è oggi impedita dall'assertività degli artt. 18, comma 1, lettere o) e p) e 50, commi 4 e 5.
14). “1. E' consentito l'impiego di sistemi di elaborazione automatica dei dati per la memorizzazione di qualunque tipo di documentazione prevista dal presente decreto legislativo.”
“5. Tutta la documentazione rilevante in materia di igiene, salute e sicurezza sul lavoro e tutela delle condizioni di lavoro può essere tenuta su unico supporto cartaceo o informatico. ..”
Parla invece, correttamente, di “pc portatile, connesso con la rete aziendale” che consenta “la disponibilità del documento in qualsiasi momento ed in qualsiasi area all'interno dei locali aziendali”.
Davvero difficile sostenere che ciò non debba consentire al RLS di poter “lavorare” sul DVR, selezionando, stampando o estraendo copia (ad es. su chiavetta) così che non venga pregiudicato “lo svolgimento effettivo delle funzioni del rls”.
Si deve anzi ritenere che far salva questa facoltà per il RLS, rappresenti interpretazione lineare e coerente dell'interpello 52.
Conclusioni
Se tuttavia tale facoltà non venisse riconosciuta dal datore di lavoro, nulla vieta che il RLS proceda a una copiatura, manuale o su nastro magnetico, del DVR: in toto o nelle parti che egli, di volta in volta, ritenga necessarie. Nulla vieta al RLS di rivolgere al datore di lavoro richiesta formale di poter disporre dei mezzi (art. 50, comma 2) per poter estrarre copia del DVR. Nulla vieta al RLS di rivolgersi all'Organismo di vigilanza territorialmente competente (art. 50, comma 1, lettera o) ).
Su questi aspetti non bisogna temere il “contenzioso”; contenzioso che mai, d'altronde, è stato posto -in vigenza del 626- circa gli appunti molto, molto puntuali di alcuni RLS.
Anzi, di fronte alla caduta di significato della
Buon lavoro
Brescia 27 giugno 2009 Dipartimento Salute Sicurezza Ambiente
Camera del Lavoro di Brescia
P.S. 24 agosto - L'approvazione, e ormai la vigenza, del D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106 [“Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”] prevede ora, all'art. 18, comma 1, lett. o), che “il documento è consultato esclusivamente in azienda;”.
Dato l'attuale governo e l'attuale ministro, risulta difficile pensare a una -pur possibile- modifica della norma. Ciò, tuttavia, non impedisce di cominciare a studiare il modo (come ha fatto Confindustria il giorno successivo all'emanazione del Testo unico) per superarla nella pratica. La contrattazione aziendale è destinata, in questo senso, ad avere un ruolo decisivo. La legge infatti non vieta l'acquisizione (per usare il linguaggio della Direttiva 89/391/CE) di condizioni più favorevoli alla protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro.
Si tenga anche conto che la norma in oggetto presenta, ad oggi, due aspetti sensibilmente problematici:
a) significa forse che l'organismo di vigilanza, in funzione ispettiva, può solo consultare il documento all'interno dell'azienda?
b) significa forse che l'azienda, con più di 10 lavoratori, più non adempie al dovere di consultazione/documentazione inviando al RLST, presso l'Organismo Paritetico Territoriale, copia del documento?
Non si mettono così in discussione due principi generali della delega, ovvero la garanzia della “uniformità della tutela” e la non-riduzione “dei diritti e delle prerogative dei lavoratori e delle loro rappresentanze”?
Codice penale
Art. 44
Condizione obiettiva di punibilità
Quando, per la punibilità del reato, la legge richiede il verificarsi di una condizione, il colpevole risponde del reato, anche se l'evento, da cui dipende il verificarsi della condizione, non è da lui voluto.
Art. 621
Rivelazione del contenuto di documenti segreti
Chiunque, essendo venuto abusivamente a cognizione del contenuto, che debba rimanere segreto, di altrui atti o documenti, pubblici o privati, non costituenti corrispondenza, lo rivela, senza giusta causa, ovvero lo impiega a proprio o altrui profitto, è punito, se dal fatto deriva nocumento, con la reclusione fino a tre anni o con la multa da euro 103 a euro 1.032.
Agli effetti della disposizione di cui al primo comma è considerato documento anche qualunque supporto informatico contenente dati, informazioni e programmi.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa.
Art. 622
Rivelazione di segreto professionale
Chiunque, avendo notizia, per ragione del proprio stato o ufficio, o della propria professione o arte, di un segreto, lo rivela, senza giusta causa, ovvero lo impiega a proprio o altrui profitto, è punito, se dal fatto può derivare nocumento, con la reclusione fino a un anno o con la multa da euro 30 a euro 516.
La pena è aggravata se il fatto è commesso da amministratori, direttori generali, sindaci o liquidatori o se è commesso da chi svolge la revisione contabile della società.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa.
Art. 623
Rivelazione di segreti scientifici o industriali
Chiunque, venuto a conoscenza per ragione del suo stato o ufficio, o della sua professione o arte, di notizie destinate a rimanere segrete, sopra scoperte o invenzioni scientifiche o applicazioni industriali, le rivela o le impiega a proprio o altrui profitto, è punito con la reclusione fino a due anni.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa.
Codice civile
Art. 2105
Obbligo di fedeltà
Il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l'imprenditore, né divulgare notizie attinenti all'organizzazione del lavoro e ai metodi di produzione dell'impresa, o farne uso in modo da arrecare ad essa pregiudizio.
Carta sociale europea (riveduta) Strasburgo, 3 maggio 1996
Articolo 3 – Diritto alla sicurezza e all'igiene sul lavoro
Per garantire l'effettivo esercizio del diritto alla sicurezza e all'igiene sul lavoro, le Parti si impegnano, in consultazione con le organizzazioni di datori di lavoro e di lavoratori:
1. a definire, attuare e riesaminare periodicamente una politica nazionale coerente in materia di sicurezza, di salute dei lavoratori e dell'ambiente di lavoro. Questa politica avrà come scopo fondamentale di migliorare la sicurezza e l'igiene professionale e di prevenire gli incidenti ed i danni alla salute che derivano dal lavoro, sono legati al lavoro o sopravvengono durante il lavoro, in particolare riducendo al minimo le cause di pericoli inerenti all'ambiente di lavoro;
2. a promulgare regolamenti di sicurezza e d'igiene;
3. a promulgare misure di controllo sull'applicazione di questi regolamenti;
4. a promuovere l'istituzione progressiva sul lavoro di servizi sanitari con funzioni
sostanzialmente preventive e di consulenza di tutti i lavoratori.
Articolo 21 – Diritto alla informazione e alla consultazione
Per assicurare l'effettivo esercizio del diritto dei lavoratori all'informazione e alla consultazione in seno all'impresa, le Parti si impegnano a prendere o a promuovere misure che consentano ai lavoratori o ai loro rappresentanti, in conformità con la legislazione e la prassi nazionale:
a. di essere regolarmente o tempestivamente informati in maniera comprensibile, della situazione economica e finanziaria dell'impresa che li ha assunti, fermo restando che potrà essere negata la divulgazione di talune informazioni suscettibili di recare pregiudizio all'impresa o che potrà essere richiesto che tali informazioni siano considerate riservate;
b. di essere consultati in tempo utile sulle decisioni previste che potrebbero pregiudicare sostanzialmente gli interessi dei lavoratori, in particolare quelle che potrebbero avere conseguenze importanti sulla situazione del lavoro nell'impresa.
Articolo 22 – Diritto di partecipare alla determinazione ed al miglioramento delle condizioni di lavoro e dell'ambiente di lavoro
Per assicurare l'effettivo esercizio del diritto dei lavoratori di partecipare alla determinazione ed al miglioramento delle condizioni di lavoro e dell'ambiente di lavoro nell'impresa, le Parti s'impegnano a prendere o a promuovere misure che consentano ai lavoratori o ai loro rappresentanti, in conformità con la legislazione e la prassi nazionale, di contribuire:
a. alla determinazione ed al miglioramento delle condizioni di lavoro, dell'organizzazione del lavoro e dell'ambiente di lavoro;
b. alla protezione della salute e della sicurezza in seno all'impresa
c. al controllo dell'osservanza della regolamentazione in queste materie.
Decreto Legislativo 6 febbraio 2007 n. 25
Art. 4
Modalità dell'informazione e della consultazione
1. Nel rispetto dei principali enunciati dell'art. 1, ferme restando le eventuali prassi più favorevoli per i lavoratori, i contratti collettivi definiscono le sedi, i tempi, i soggetti, le modalità ed i contenuti dei diritti di informazione e consultazione riconosciuti ai lavoratori.
2. Sono fatti salvi i contratti collettivi esistenti alla data di sottoscrizione del presente decreto legislativo.
3. L'informazione e la consultazione riguardano:
a) l'andamento recente e quello prevedibile dell'attività dell'impresa, nonché la sua situazione economica;
b) la situazione, la struttura e l'andamento prevedibile dell'occupazione nell'impresa, nonché, in caso di rischio per i livelli occupazionali, le relative misure di contrasto;
c) le decisioni dell'impresa che siano suscettibili di comportare rilevanti cambiamenti nell'organizzazione del lavoro, dei contratti di lavoro, anche nelle ipotesi di cui all'art. 7, comma 1.
4. L'informazione avviene secondo modalità di tempo e contenuto appropriate allo scopo ed in modo da permettere ai rappresentanti dei lavoratori di procedere ad un esame adeguato delle informazioni fornite e preparare , se del caso, la consultazione.
5. La consultazione avviene:
a) secondo modalità di tempo e contenuto adeguate allo scopo;
b) tra livelli pertinenti di direzione e rappresentanza, in funzione dell'argomento trattato;
c) sulla base delle informazioni di cui all'art, 2, comma 1, lettera e) [“
d) in modo tale da permettere ai rappresentanti dei lavoratori di incontrare il datore di lavoro e di ottenere una risposta motivata all'eventuale parere espresso;
e) al fine di ricercare un accordo sulle decisioni del datore di lavoro, quale individuato dall'art. 2, comma 1, lettera b).
Art. 5
Informazioni riservate
1. I rappresentanti dei lavoratori, nonché gli esperti che eventualmente li assistono, non sono autorizzati a rivelare, né ai lavoratori né a terzi, informazioni che siano state loro espressamente fornite in via riservata e qualificate come tali dal datore di lavoro o dai suoi rappresentanti, nel legittimo interesse dell'impresa. .. In caso di violazione del divieto, fatta salva la responsabilità civile, si applicano i provvedimenti disciplinari stabiliti dai contratti collettivi applicati.
2. Il datore di lavoro non è obbligato a procedere a consultazioni o a comunicare informazioni che, per comprovate esigenze tecniche, organizzative e produttive siano di natura tale da creare notevoli difficoltà al funzionamento dell'impresa o da arrecarle danno.
3. I contratti nazionali di lavoro prevedono la costituzione di una commissione di conciliazione per le contestazioni relative alla natura riservata delle notizie fornite e qualificate come tali, nonché per la concreta determinazione delle esigenze tecniche, organizzative e produttive per l'individuazione delle informazioni suscettibili di creare notevoli difficoltà al funzionamento della impresa interessata o da arrecarle danno: I contratti collettivi determinano, altresì, la composizione e le modalità di funzionamento della commissione di conciliazione.
4. Resta ferma l'applicabilità della disciplina a tutela dei dati personali, prevista dal decreto legislativo 30 giugno 2003 n. 196.
Art. 6
Tutela dei rappresentanti dei lavoratori
1. I rappresentanti dei lavoratori fruiscono, nell'esercizio delle loro funzioni della stessa protezione e delle stesse garanzie previste per i rappresentanti dei lavoratori dalla normativa vigente ovvero dagli accordi e contratti collettivi applicati, sufficienti a permettere loro di realizzare in modo adeguato i compiti che sono loro stati affidati.
Decreto Legislativo 9 aprile 2008 n. 81
Art. 18
Obblighi del datore di lavoro e del dirigente
l) adempiere agli obblighi di informazione, formazione e addestramento di cui agli art. 36 e 37;
n) consentire ai lavoratori di verificare, mediante il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, l'applicazione delle misure di sicurezza e di protezione della salute;
o) consegnare tempestivamente al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, su richiesta di questi e per l'espletamento della sua funzione, copia del documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a) [DVR], nonché consentire al medesimo rappresentante di accedere ai dati di cui alla lettera r) [infortuni];
p) elaborare il documento di cui all'articolo 26, comma 3 [DUVRI], e, su richiesta di questi e per l'espletamento della sua funzione, consegnarne tempestivamente copia ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
Art. 50
Attribuzioni del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza
4. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, su sua richiesta e per l'espletamento della sua funzione, riceve copia del documento di cui all'art. 17, comma 1, lettera a).
5. I rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza rispettivamente del datore di lavoro committente e delle imprese appaltatrici, su loro richiesta e per l'espletamento della loro funzione, ricevono copia del documento di valutazione dei rischi [da interferenze] di cui all'articolo 26, comma 3.
6. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza è tenuto al rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 e del segreto industriale relativamente alle informazioni contenute nel documento di valutazione dei rischi.. nonché al segreto in ordine ai processi lavorativi di cui venga a conoscenza nell'esercizio delle funzioni.
fonte cgil
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