Il rapporto investigativo Apple’s unkept promises: Cheap iPhones come at high costs to Chinese workers, pubblicato da China Labor Watch (Clw), mette nuovamente nei guai il colosso mondiale dell’elettronica da consumo. L’Ong indipendente (fondata nel 2000), che collabora con le organizzazioni dei lavoratori e i media, era già nota per aver condotto una serie di indagini sotto copertura in diverse fabbriche cinesi che producono giocattoli, bici, scarpe, abiti e gadget elettronici. Stavolta è andata a mettere il naso in tre stabilimenti del Pegatron Group, uno dei principali fornitori della Apple. Secondo il rapporto «Nel 2013, la Apple ha aumentato i suoi ordini a queste fabbriche, che hanno beneficiato e fatto valere le violazioni del lavoro per aumentare il loro vantaggio competitivo».
Da marzo a luglio Clw ha inviato investigatori nei tre stabilimenti del Gruppo Pegatron per svolgere indagini sotto copertura e condurre quasi 200 interviste con i lavoratori al di fuori delle fabbriche. Le fabbriche comprendono la Pegatron di Shanghai, che produce l’iPhone, la Riteng, una società Pegatron di Shanghai che produce computer Apple, e l’AVY, una società Pegatron di Suzhou che produce componenti per l’iPad). Insieme, queste tre fabbriche Pegatron hanno più di 70.000 dipendenti.
Il rapporto confronta le 17 promesse di sostenibilità sociale fatte dalla Apple con le 17 corrispondenti realtà scoperte durante di Clw e il risultato è catastrofico per la multinazionale statunitense. L’inchiesta del Clw ha rivelato almeno 86 le violazioni dei diritti del lavoro, delle quali 36 sono violazioni della legge cinese e 50 violazioni etiche e spiega che « Le violazioni rientrano in 15 categorie: diffusi abusi sul lavoro, assunzioni discriminatorie, violazioni dei diritti delle donne, lavoro minorile, violazione del contratto, formazione dei lavoratori insufficiente, orari di lavoro eccessivi, salari insufficienti, cattive condizioni di lavoro, cattive condizioni di vita, difficoltà nell’ottenere il congedo, preoccupazioni per salute e la sicurezza del lavoro, canali per i reclami inefficaci, abuso del management ed inquinamento ambientale.
Tutto il contrario di quello che la Apple aveva promesso che non sarebbe più successo nelle fabbriche dei suoi fornitori dopo lo scandalo dei suicidi e delle vessazione nell’universo totalitario delle città-fabbriche degli altri suoi fornitori cinesi della Foxconn.
China Labor Watch riassume così la faccenda: «Le fabbriche Pegatron stanno violando un gran numero di leggi e standard internazionali e cinesi, nonché gli standard dello stesso social responsibility code of conduct della Apple». Una clamorosa smentita di quanto Apple aveva annunciato solo lo scorso maggio, cioè che i suoi fornitori avevano raggiunto al 99% il rispetto della regola della settimana lavorativa di 60 ore, e questo nonostante il fatto che le 60 ore che piacciono alla Apple siano una palese violazione del limite di legge della Cina, di 49 ore lavorative. Ma secondo l’Ong, «Questo “accomplishment” è ulteriormente screditato dal fatto che le ore di lavoro settimanale medie nelle tre fabbriche indagate da Clw sono rispettivamente di circa 66 ore, 67 ore e 69 ore. Per esempio, nella Pegatron di Shanghai, la nostra indagine ha scoperto che i lavoratori sono stati costretti a firmare moduli che indicano che le loro ore di lavoro straordinario sono state inferiori ai livelli attuali».
Un un certo numero di promesse di responsabilità sociale fatte dalla Apple non sembrano proprio applicate, comprese quelle su sicurezza dei lavoratori e tutela dell’ambiente. Il rapporto sottolinea che «Nessuna delle fabbriche Pegatron indagate, ad esempio, fornisce una sufficiente formazione per la sicurezza ai lavoratori. A Riteng ed AVY, i rifiuti liquidi vengono smaltiti direttamente nella rete fognaria, inquinando le fonti d’acqua locali».
Le condizioni di lavoro in queste fabbriche sono così cattive che anche la maggior parte dei resistenti e pazienti operai cinesi si rifiuta di continuare a lavorarci a lungo. Nella fabbrica AVY, entro 2 settimane dall’assunzione lasciano 30 nuovi lavoratori su 100.
La denuncia di Clw è durissima: «Apple continua a rifornirsi dalle fabbriche Pegatron nonostante le gravi violazioni dei diritti del lavoro. Che Apple abbia fatto promesse per la condotta dei suoi fornitori significa che è complice del persistere delle violazioni in queste fabbriche. Apple ha tolleranza zero per l’abbassamento di qualità dei suoi prodotti. Se si pone un problema di qualità, Apple farà tutto il possibile per farlo correggere immediatamente. Ma applica apparentemente un più basso livello di urgenza in risposta alle violazioni dei diritti del lavoro. Nonostante i suoi professati standard per il trattamento dei lavoratori della Apple, gravi violazioni del lavoro persistono anno dopo anno. Apple deve dare la priorità ai suoi sforzi per fermare l’abuso sui lavoratori che producono i prodotti Apple».
Il direttore esecutivo di Clw, Li Qiang, conclude: «Le nostre indagini hanno dimostrato che le condizioni di lavoro nelle fabbriche Pegatron sono anche peggio di quelli nelle fabbriche Foxconn. Apple non ha tenuto fede ai propri standard. Questo porta i fornitori della Apple ad abusare dei lavoratori, al fine di rafforzare la loro posizione per ricevere ordinativi. In questo modo, la Apple sta peggiorando le condizioni dei lavoratori, non migliorandole».
Da marzo a luglio Clw ha inviato investigatori nei tre stabilimenti del Gruppo Pegatron per svolgere indagini sotto copertura e condurre quasi 200 interviste con i lavoratori al di fuori delle fabbriche. Le fabbriche comprendono la Pegatron di Shanghai, che produce l’iPhone, la Riteng, una società Pegatron di Shanghai che produce computer Apple, e l’AVY, una società Pegatron di Suzhou che produce componenti per l’iPad). Insieme, queste tre fabbriche Pegatron hanno più di 70.000 dipendenti.
Il rapporto confronta le 17 promesse di sostenibilità sociale fatte dalla Apple con le 17 corrispondenti realtà scoperte durante di Clw e il risultato è catastrofico per la multinazionale statunitense. L’inchiesta del Clw ha rivelato almeno 86 le violazioni dei diritti del lavoro, delle quali 36 sono violazioni della legge cinese e 50 violazioni etiche e spiega che « Le violazioni rientrano in 15 categorie: diffusi abusi sul lavoro, assunzioni discriminatorie, violazioni dei diritti delle donne, lavoro minorile, violazione del contratto, formazione dei lavoratori insufficiente, orari di lavoro eccessivi, salari insufficienti, cattive condizioni di lavoro, cattive condizioni di vita, difficoltà nell’ottenere il congedo, preoccupazioni per salute e la sicurezza del lavoro, canali per i reclami inefficaci, abuso del management ed inquinamento ambientale.
Tutto il contrario di quello che la Apple aveva promesso che non sarebbe più successo nelle fabbriche dei suoi fornitori dopo lo scandalo dei suicidi e delle vessazione nell’universo totalitario delle città-fabbriche degli altri suoi fornitori cinesi della Foxconn.
China Labor Watch riassume così la faccenda: «Le fabbriche Pegatron stanno violando un gran numero di leggi e standard internazionali e cinesi, nonché gli standard dello stesso social responsibility code of conduct della Apple». Una clamorosa smentita di quanto Apple aveva annunciato solo lo scorso maggio, cioè che i suoi fornitori avevano raggiunto al 99% il rispetto della regola della settimana lavorativa di 60 ore, e questo nonostante il fatto che le 60 ore che piacciono alla Apple siano una palese violazione del limite di legge della Cina, di 49 ore lavorative. Ma secondo l’Ong, «Questo “accomplishment” è ulteriormente screditato dal fatto che le ore di lavoro settimanale medie nelle tre fabbriche indagate da Clw sono rispettivamente di circa 66 ore, 67 ore e 69 ore. Per esempio, nella Pegatron di Shanghai, la nostra indagine ha scoperto che i lavoratori sono stati costretti a firmare moduli che indicano che le loro ore di lavoro straordinario sono state inferiori ai livelli attuali».
Un un certo numero di promesse di responsabilità sociale fatte dalla Apple non sembrano proprio applicate, comprese quelle su sicurezza dei lavoratori e tutela dell’ambiente. Il rapporto sottolinea che «Nessuna delle fabbriche Pegatron indagate, ad esempio, fornisce una sufficiente formazione per la sicurezza ai lavoratori. A Riteng ed AVY, i rifiuti liquidi vengono smaltiti direttamente nella rete fognaria, inquinando le fonti d’acqua locali».
Le condizioni di lavoro in queste fabbriche sono così cattive che anche la maggior parte dei resistenti e pazienti operai cinesi si rifiuta di continuare a lavorarci a lungo. Nella fabbrica AVY, entro 2 settimane dall’assunzione lasciano 30 nuovi lavoratori su 100.
La denuncia di Clw è durissima: «Apple continua a rifornirsi dalle fabbriche Pegatron nonostante le gravi violazioni dei diritti del lavoro. Che Apple abbia fatto promesse per la condotta dei suoi fornitori significa che è complice del persistere delle violazioni in queste fabbriche. Apple ha tolleranza zero per l’abbassamento di qualità dei suoi prodotti. Se si pone un problema di qualità, Apple farà tutto il possibile per farlo correggere immediatamente. Ma applica apparentemente un più basso livello di urgenza in risposta alle violazioni dei diritti del lavoro. Nonostante i suoi professati standard per il trattamento dei lavoratori della Apple, gravi violazioni del lavoro persistono anno dopo anno. Apple deve dare la priorità ai suoi sforzi per fermare l’abuso sui lavoratori che producono i prodotti Apple».
Il direttore esecutivo di Clw, Li Qiang, conclude: «Le nostre indagini hanno dimostrato che le condizioni di lavoro nelle fabbriche Pegatron sono anche peggio di quelli nelle fabbriche Foxconn. Apple non ha tenuto fede ai propri standard. Questo porta i fornitori della Apple ad abusare dei lavoratori, al fine di rafforzare la loro posizione per ricevere ordinativi. In questo modo, la Apple sta peggiorando le condizioni dei lavoratori, non migliorandole».
greenreport.it
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