CAMPI ELETTROMAGNETICI

CAMPI ELETTROMAGNETICI
CAMPI ELETTROMAGNETICI

Le radiazioni elettromagnetiche presenti in natura provengono dalle emissioni solari, terrestri, dalle scariche atmosferiche e da altre fonti presenti nello spazio. A questo “fondo naturale”, si sovrappone quello generato dalle sorgenti artificiali, sempre più diffuse e in continua espansione, tanto da essere oggi uno dei problemi emergenti di inquinamento ambientale. Basti pensare che ogni corpo che conduce - o è alimentato da energia elettrica 
- crea attorno a sé un campo di forze elettriche in movimento e un campo di forze magnetiche che si richiudono su sé stesse come anelli concentrici.
L’insieme di queste “linee di forza” costituisce il campo elettromagnetico.
Le radiazioni elettromagnetiche comprendono una grande categoria di radiazioni molto diverse tra loro, sia per le caratteristiche di utilizzo, sia per i rischi per la salute. A seconda del numero di oscillazioni che le onde elettromagnetiche compiono (frequenza), e del loro spostamento nello spazio (lunghezza d’onda e velocità di propagazione), si possono classificare in:
ELF (onde a bassissima frequenza), radiofrequenze o RF, microonde o MW.
Impiego delle onde elettromagnetiche
• Onde a bassissima e bassa frequenza: elettrodotti, trasformazione e trasporto di energia elettrica, apparecchiature alimentate con energia elettrica.
• Onde radio (a media e alta frequenza): emissioni radio in AM e FM, emissioni televisive.
• Microonde (ad alta e altissima frequenza): telefonia cellulare, stazioni radio base e radio mobile, radar (civili, meteorologici, militari), forni a microonde.
L’emissione di onde elettromagnetiche può costituire un effetto indesiderato, dovuto a dispersioni “parassite” di sistemi di conduzione di energia, così come esse possono essere appositamente impiegate per le loro proprietà in ambito domestico, industriale, sanitario e delle telecomunicazioni. Altri parametri che caratterizzano la potenza - e quindi il grado di pericolosità - dei campi elettromagnetici sono: l’intensità del campo elettrico, misurata in Volt/metro, e l’intensità del campo magnetico, misurata in Ampere/metro.
A seconda della distanza dalla sorgente, si distinguono zone con intensità di campo decrescente: la zona di “campo reattivo”, immediatamente vicinaalla sorgente, con intensità di campo molto elevata, la zona di “campo vicino”,  e la zona di “campo lontano”.
Le onde elettromagnetiche sono comunemente presenti in ambiente domestico, in molte attività sanitarie, nell’ambiente esterno, in tutte quelle situazioni di impiego di strumenti o apparecchiature alimentate elettricamente, nonché in prossimità degli impianti di distribuzione dell’energia elettrica. Sono infatti considerate un nuovo rilevante inquinante ambientale, che contribuisce al cosiddetto “inquinamento elettromagnetico” o “elettrosmog”. In questa sede, ci si limiterà a descrivere i rischi legati all’impiego professionale delle onde elettromagnetiche in ambito industriale, trascurando settori di alto interesse per le esposizioni professionali come quello sanitario, quello delle comunicazioni, e la distribuzione di energia elettrica.
IL RISCHIO
Alcune attività industriali impiegano apparecchiature che utilizzano le proprietà di riscaldamento dei campi elettromagnetici. Si tratta, in genere, di campi a bassa frequenza e alta potenza del generatore (frequenza industriale o di rete pari a 50 Hz).
Gli impianti riscaldatori “a perdite dielettriche” vengono impiegati nell’industria del legno per l’incollaggio, la laminazione e la piegatura a caldo. Nell’industria della plastica, invece, sono utilizzati per la termosaldatura e il preriscaldamento delle resine termoindurenti da stampaggio. In siderurgia, sono impiegati riscaldatori a “induzione magnetica” per la tempra superficiale, le ricotture, il riscaldamento dei metalli per lo stampaggio a caldo, la saldatura di tubi. Spesso, questi impianti hanno potenze dei generatori molto elevate (da centinaia a migliaia di kiloWatt). I riscaldatori a microonde sono invece utilizzati per l’essiccamento della pasta di cellulosa nell’industria della carta e dei rivestimenti dei laminati plastici nell’industria chimica.
Impiego di campi elettromagnetici nell’industria
• del legno: incollaggio, laminazione, piegatura a caldo.
• della plastica: termosaldatura, stampaggio di resine termoindurenti.
• siderurgica: tempra superficiale, ricottura, stampaggio a caldo, saldatura.
• della carta: essiccamento della cellulosa.
• chimica: essiccamento di rivestimenti plastici.
• alimentare: sterilizzazione delle granaglie, cottura.
Gli effetti biologici dei campi elettromagnetici sono dovuti alla penetrazione delle radiazioni, alla loro diffusione all’interno dell’organismo, agli scambi di energia con le strutture dell’organismo.
L’effetto a breve termine (o acuto) è di tipo termico, consiste cioè nel riscaldamento dei tessuti. A differenza del riscaldamento che si ha per contatto con un corpo caldo, esso provoca un aumento di temperatura dei tessuti interni, il quale non viene percepito dai meccanismi naturali di allarme, cioè i sensori posti sulla pelle. Si possono quindi avere anche considerevoli innalzamenti della temperatura di tessuti, senza che la persona esposta ne abbia la minima percezione. Gli effetti sono tanto più frequenti ed evidenti quanto più è elevata l’energia assorbita; in particolare, il campo magnetico sembra avere un’importanza biologica più significativa del campo elettrico.
Gli organi più sensibili sono l’occhio e le gonadi (testicoli/ovaio), per la loro scarsa capacità di disperdere il calore. Si possono sviluppare arrossamenti dell’occhio e alterazioni del cristallino, cataratta, processi degenerativi dei tessuti riproduttivi (ridotta produzione di spermatozoi). Vi sono poi effetti a lungo termine (o tardivi), non termici ma legati a possibili danni sui meccanismi cellulari.
Sono state rilevate, a carico del sistema nervoso centrale, alterazioni dell’elettroencefalogramma, cefalea, senso di irritabilità, affaticamento, disturbi del sonno. Anche l’apparato cardiocircolatorio può essere coinvolto, con la comparsa di alterazioni del ritmo (aritmia, tachicardia) e disturbi della pressione (ipertensione).
Sono allo studio dei ricercatori gli effetti cancerogeni dei campi elettromagnetici, dei quali si ha una parziale evidenza per esposizioni a bassissime frequenze, in prossimità di elettrodotti; si è riscontrata una maggiore frequenza di leucemie infantili rispetto ad altri ambienti di vita e di lavoro.
L’utilizzo dei campi elettromagnetici è stato, finora, normato in maniera specifica solo per alcune applicazioni particolari, industriali e sanitarie, per la gestione di linee elettriche esterne e per le telecomunicazioni. Di recente, il Decreto Legislativo 81/2008 e s.m.i. ha introdotto l’obbligo di valutare il rischio di esposizione dei lavoratori ai campi elettromagnetici. L’Allegato XXXVI di detto decreto riporta i “valori limite di esposizione” e i “valori di azione” (questi ultimi riguardano le grandezze fisiche legate alle radiazioni elettromagnetiche).
I valori di riferimento indicati variano in funzione delle frequenze, e si basano sulle raccomandazioni internazionali emanate dall’ICNIRP. Le unità di misura delle grandezze direttamente misurabili sono:
Il Volt/metro per l’intensità del campo elettrico (E);
L’Ampere/metro per l’intensità del campo magnetico (H);
L’Ampere per la corrente indotta attraverso gli arti (IL)
Il Tesla per l’induzione magnetica (B); biologicamente più nociva del campo elettrico, essa è utilizzata come indicatore più rappresentativo dell’esposizione;
Il Watt/m2 per la densità di potenza (S), utilizzata per frequenze molto alte.
LA PREVENZIONE
La valutazione del rischio di esposizione a onde elettromagnetiche può essere supportata dalle misure del campo elettrico e/o del campo magnetico, per misurare le grandezze in gioco e individuare eventuali misure di contenimento del rischio. È utile infatti ottenere informazioni non solo sulle frequenze delle sorgenti e sulla potenza di emissione della sorgente, ma anche verificare l’intensità dei campi nelle zone di lavoro degli operatori esposti.
Le misure di contenimento dell’esposizione alla fonte possono consistere in interventi di riduzione della potenza del generatore, se compatibili con l’attività di schermatura delle zone di lavoro; non sono disponibili dispositivi di protezione individuale specifici ed efficaci.
Deve essere verificata l’efficienza dell’impianto di messa a terra, e la possibilità che strutture metalliche connesse agli impianti di produzione (tubi di aspirazioni, binari) fungano da conduttori a distanza dei campi.
Un’ulteriore possibilità di contenimento dell’esposizione è di tipo organizzativo, sia allontanando le postazioni di lavoro dalle zone di campo più a rischio, sia riducendo i tempi di esposizione, ad esempio evitando soste non strettamente necessarie nella zona di campo.
È infatti sufficiente una distanza anche modesta dalla sorgente per ridurre significativamente l’esposizione: raddoppiando la distanza dalla fonte del campo elettromagnetico, l’intensità sarà ridotta di 1/4, e triplicando la distanza, di 1/9.
Nelle operazioni di manutenzione di macchine e di impianti alimentati elettricamente (e comunque nei periodi di inattività degli stessi), è opportuno disconnetterli dalla rete di alimentazione. Infatti, la sola presenza di corrente nel circuito di alimentazione, anche ad impianto spento ma allacciato alla rete, è una fonte di radiazioni.

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