La sorveglianza sanitaria

La sorveglianza sanitaria viene effettuata in base al rischio specifico valutato per ogni singolo lavoratore.
Nel D.Lgs. 81/2008, si definisce «sorveglianza sanitaria» l’insieme degli atti medici, finalizzati alla tutela dello stato di salute e sicurezza dei lavoratori, in relazione all’ambiente di lavoro, ai fattori di rischio professionali e alle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa.
La sorveglianza sanitaria comprende:
a) visita medica preventiva intesa a constatare l’assenza di controindicazioni al lavoro cui il lavoratore è destinato al fine di valutare la sua idoneità alla mansione specifica;
b) visita medica periodica per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica. 
La periodicità di tali accertamenti, qualora non prevista dalla relativa normativa,viene stabilita, di norma, in una volta l’anno. Tale periodicità può assumere cadenza diversa, stabilita dal medico competente in funzione della valutazione del rischio. L’organo di vigilanza, con provvedimento motivato, può disporre contenuti e periodicità della sorveglianza sanitaria differenti rispetto a quelli indicati dal medico competente;
c) visita medica su richiesta del lavoratore, qualora sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi professionali o alle sue condizioni di salute, suscettibili di peggioramento a causa dell’attività lavorativa svolta,al fine di esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica;
d) visita medica in occasione del cambio della mansione onde verificare l’idoneità alla mansione specifica;
e) visita medica alla cessazione del rapporto di lavoro nei casi previsti dalla normativa vigente;
f) visita medica preventiva in fase preassuntiva;
g) visita medica precedente alla ripresa del lavoro, a seguito di assenza per motivi di salute di durata superiore ai sessanta giorni continuativi, al fine di verificare l’idoneità alla mansione.
Nel caso di esposizione a sostanze chimiche pericolose, se i risultati della valutazione dei rischi dimostrano che, in relazione alle variabili considerate (tipo dell’agente chimico pericoloso, quantità, modalità d’impiego,misure generali di prevenzione e protezione adottate, ecc.) ci si trova al di sopra della soglia del rischio irrilevante per la salute, la sorveglianza sanitaria diviene obbligatoria.
In questo caso la sorveglianza sanitaria viene effettuata:
a) prima di adibire il lavoratore alla mansione che comporta l’esposizione;
b) periodicamente, di norma una volta l’anno o con periodicità diversa decisa dal medico competente con adeguata motivazione riportata nel documento di valutazione dei rischi e resa nota ai rappresentanti per la sicurezza dei lavoratori, in funzione della valutazione del rischio e dei risultati della sorveglianza sanitaria;
c) all’atto della cessazione del rapporto di lavoro. 
In tale occasione il medico competente deve fornire al lavoratore le eventuali indicazioni relative alle prescrizioni mediche da osservare.
Il monitoraggio biologico è obbligatorio per i lavoratori esposti agli agenti per i quali è stato fissato un valore limite biologico.
Nell’altro caso di esposizione ad agenti cancerogeni e mutageni, se i risultati della valutazione dei rischi dimostrano che, in relazione alle variabili considerate e cioè durata, frequenza, quantitativi di agenti cancerogeni o mutageni prodotti ovvero utilizzati, concentrazione, capacità degli stessi di penetrare nell’organismo per le diverse vie di assorbimento, stato di aggregazione e così via, la sorveglianza sanitaria diviene obbligatoria.
I lavoratori esposti sono iscritti in un registro nel quale è riportata, per ciascuno di essi, l’attività svolta, l’agente cancerogeno o mutageno utilizzato e, ove noto, il valore dell’esposizione a tale agente. 
Detto registro è istituito ed aggiornato dal datore di lavoro che ne cura la tenuta per il tramite del medico competente.
Il responsabile del servizio di prevenzione ed i rappresentanti per la sicurezza hanno accesso a detto registro.
La sorveglianza trae la sua definizione e la motivazione, dal processo di analisi dei rischi, ma può anche costituire un utile elemento, per confermare i risultati della valutazione dei rischi, o evidenziare la necessità di una sua revisione. Per questo motivo, tra le misure generali di tutela di cui all’art.15 del D.Lgs. 81/2008, si trova alla lettera l, il controllo sanitario dei lavoratori. In questo caso non vi è l’obbligatorietà ma il ricorso volontario al principio di tutela ulteriore del lavoratore se, il datore di lavoro, lo ritiene opportuno.
Il ricorso a tale principio potrebbe far superare alcuni elementi di criticità quale quello rappresentato dall’esclusione dalla sorveglianza sanitaria di gruppi particolari di lavoratori (ad es. ipersuscettibilità individuale) che determinerebbe la perdita di un importante elemento valutativo. II rischio è infatti definito come possibilità,o meglio probabilità, che in un certo individuo o gruppo di individui si verifichi un effetto avverso, a seguito, per esempio, dell’esposizione ad una determinata concentrazione di sostanza. 
Quindi una stima razionale del rischio deve tener conto non solo della dose (esposizione), ma anche del meccanismo di azione dell’agente chimico e della ipersuscettibilità individuale (su base immuno-allergica o metabolica, sia genetica che acquisita, valutando preesistenti patologie, abitudini voluttuarie o dietetiche). 
Purtroppo, quest’ultima variabile è complessa e difficile da parametrare con l’algoritmo proposto.
Inoltre occorre considerare che:
• l’esposizione a concentrazioni di fattori di rischio professionali molto ai di sotto dei valori limite (implicito nella definizione di TLV -Threshold Limit Value) non è da considerarsi sempre sicura (non conosciamo,se non in rari casi, l’effetto sull’uomo dell’esposizione professionale a basse o bassissime concentrazioni di agenti lesivi);
• non si conosce l’effetto dell’interazione tra più agenti di rischio (ad es. diversi composti possono condividere la stessa via metabolica, determinando alterazioni dei processi di detossificazione);
• non si dispone per le basse esposizioni di indicatori di effetto affidabili;
• nel caso di esposizione, a dosi anche molto moderate, a cancerogeni genotossici, l’evidenza suggerisce che si possono avere incrementi modesti, ma statisticamente significativi, della probabilità di un effetto (ad es.esposti a fumo passive);
• lo stesso discorso vale per le sostanze a meccanismo immuno-allergico che, anche per esposizioni praticamente irrilevanti, possono determinare manifestazioni di risposta.
A questo riguardo deve essere sottolineata la posizione assunta dalla Società Italiana di Medicina del Lavoro ed Igiene Industriale che sostiene la legittimazione della sorveglianza sanitaria anche in presenza di rischio irrilevante per la salute riconducendola fra le misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori dove è previsto il controllo sanitario del lavoratore (Linee guida per la formazione continua e l’accreditamento del medico del lavoro. La sorveglianza sanitaria. Pavia, 2003).

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