Il termine comunicazione deriva dal verbo comunicare che nel suo significato originale (latino) vuol dire "mettere in comune" ossia condividere con gli altri pensieri, opinioni, esperienze, sensazioni e sentimenti.
La comunicazione non è quindi semplicemente parlare ma presuppone necessariamente una relazione e quindi uno scambio.
Il termine “comunicazione” è uno tra i più usato del nostro tempo: si parla di comunicazione a proposito del linguaggio, dei media, della cultura, dell'arte, della politica, della pubblicità, del marketing, etc. Oggi il saper comunicare e il saper usare strumenti e mezzi opportuni per una comunicazione efficiente ed efficace, costituiscono aspetti sempre più importanti in qualsiasi settore e ambito disciplinare.
La comunicazione è quell’attività nella quale ciascuno di noi è quotidianamente coinvolto; essa si può definire come lo scambio di informazioni e significati tra persone, attraverso l'uso di segni o di simboli condivisi.
La comunicazione infatti è lo strumento che rende possibile l'interazione sociale e, quindi, lo scambio, la cooperazione tra gli uomini.
Fino ad ora abbiamo parlato di comunicazione in modo astratto.
Ma un processo di comunicazione reale non è solo un astratto trasferimento di informazioni codificate. I veicoli sui cui viaggia l'informazione, i segnali, sono entità fisiche: possono essere corpi fisici, o flussi di energia, come vibrazioni sonore, correnti elettriche, radiazioni elettromagnetiche.
Per trasmettere e ricevere l’informazione sono dunque necessari degli apparati fisici, in grado di produrre energia e segnali, che possano essere trasferiti e ricevuti attraverso un canale, e percepiti dall’uomo mediante i suoi recettori (i sensi e, quindi, il pensiero).
E poiché la comunicazione è il fondamento su cui si basano sia il pensiero e la conoscenza individuale, sia quella forma di pensiero e conoscenza collettiva che chiamiamo cultura, ne consegue che la natura degli strumenti del comunicare diventa un fattore di trasformazione del pensiero, della cultura e dunque della società.
L'idea che lo studio della comunicazione umana non possa prescindere da una analisi delle tecnologie della comunicazione la dobbiamo allo studioso canadese Marshall McLuhan.
Egli, nei suoi molti libri e saggi, scritti a partire dagli anni 60, ha proposto una analisi innovativa ed affascinante di numerosi strumenti della comunicazione, dalla scrittura fino alla televisione ed ai computer (anche se purtroppo è scomparso prima della nascita e della diffusione del personal computer, che è stato il primo vero propulsore della rivoluzione digitale). Per designare tali strumenti egli ha utilizzato il termine media (in latino medium significa mezzo), che è divenuto uno dei termini chiave nelle scienze della comunicazione.L'opera di McLuhan non ha mai assunto uno stile accademico e sistematico, ed anzi è caratterizzata da molti slogan ed affermazioni provocatorie.
Questo stile, come egli stesso disse, gli permetteva di farsi capire da un pubblico vasto, e non solo da una ristretta cerchia di specialisti.
Tuttavia da questa asistematicità sono conseguiti numerosi fraintendimenti ed incomprensioni, ed il suo pensiero è stato oggetto di vere e proprie guerre ideologiche tra entusiasti sostenitori e critici radicali.Uno dei punti su cui la controversia si è maggiormente soffermata riguarda proprio il concetto di medium.
Egli, infatti, non ne ha mai dato una definizione rigorosa, limitandosi a scrivere che un medium è "qualsiasi tecnologia che crei estensioni del corpo e dei sensi, dall'abbigliamento al calcolatore".
In questo modo fu portato a riunire in una sola categoria fenomeni che ricadono nella sfera dei codici, come il linguaggio verbale e la scrittura, le tecnologie che rientrano tra i canali della comunicazione, come la stampa, l'elettricità ed il telefono, o altri che diremmo piuttosto messaggi, come gli abiti, o i quadri. E non solo: per McLuhan anche il treno, le autostrade, l'automazione nelle fabbriche erano dei media.
Ancora più controversa è stata la sua celebre affermazione "il medium è il messaggio".
Molti hanno interpretato questo aforisma nel senso che nella comunicazione ciò che conta non è il contenuto, quello che si vuole comunicare, ma il mezzo strumentale utilizzato per comunicare. E dunque, se ne potrebbe dedurre, il contenuto è ininfluente.
Se si tiene conto che questa affermazione cadeva proprio nel mezzo della polemica scatenatasi negli anni 60 sulla funzione dei mezzi di comunicazione di massa (e soprattutto della televisione) nei processi di massificazione culturale, ci si può rendere conto della sua carica provocatoria, e della conseguente reazione di gran parte degli intellettuali tradizionali.A partire da questa idea relazionale dei media, possiamo anche reinterpretare la provocatoria affermazione che il medium è il messaggio: nel momento in cui la comunicazione viene mediata da un apparato strumentale artificiale, qualsiasi esso sia, le caratteristiche tecniche di tale apparato agiscono sulla percezione del messaggio stesso, definendo il campo di possibilità entro cui possono svilupparsi sia la forma sia i contenuti della comunicazione.E poiché la comunicazione è il fondamento su cui si basano sia il pensiero e la conoscenza individuale, sia quella forma di pensiero e conoscenza collettiva che chiamiamo cultura, ne consegue che la natura degli strumenti del comunicare diventa un fattore di trasformazione del pensiero, della cultura e dunque della società.
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